Arriva l'autunno e come ogni anno ricominciano le scuole, le università e pure le lezioni per tutti i musicisti in erba che frequentano i conservatori ed i corsi di specializzazioni musicale. Quello che però quest'autunno avrà di diverso, e che potrebbe portare grossi cambiamenti nei prossimi anni nel modo in cui si insegna e si pensa alla musica, è l'ufficializzazione da parte di una delle più importanti istituzioni didattiche musicali al mondo, il Berklee College of Music di Boston, che i computer e controller sono ora considerati anche a livello accademico dei veri e propri strumenti musicali.
Non servirà più quindi presentarsi agli esami di ammissione con uno strumento classico di predilezione, anche coloro che considerano il proprio laptop ed i controller ad esso collegati il loro strumento principale per fare musica potranno essere ammessi ai corsi.
Se molti di voi potranno essere tentati di ravvisare in questa novità una manovra più di marketing che di sostanza, forse posso dirvi che non vi sbagliate del tutto, ma proprio poichè parliamo di una delle poche realtà didattiche a livello mondiale in grado di influenzare ed indirizzare la musica, è necessario pensare che questa svolta culturale ed anche un po' ideologica non può non essere stata frutto di profonda riflessione. Quelli che alla Berklee vengono infatti chiamati EDI (Electronic Digital Instrument) hanno, in modo inconfutabile, già di fatto un ruolo centrale in molta della musica che viene prodotta oggi.
Che ci piaccia o meno, perchè ovviamente le resistenze sono state molte, dobbiamo accettare che la musica si sia spostata su di un nuovo livello grazie alla tecnologia ma non è cambiato ne il suo scopo ne ciò che i musicisti che la producono possono esprimere attraverso di essa.
Ogni volta che vedo delle forti resistenze a qualcosa di nuovo provo ad immaginare cosa sarebbe successo negli anni '50 se i conservatori fossero riusciti a soffocare la musica rock che da lì a pochi anni avrebbe completamente rivoluzionato la cultura a livello mondiale ed il nostro modo di pensare per i 70 anni successivi.
Difficile e forse impossibile dire se questa nuova direzione musicale digitale in buona parte mediata dalla tecnologia porterà ad un movimento culturale simile ed altrettanto influente, è già però possibile dire che alcuni generi musicali come l'hip-hop, la musica dance, l'elettronica moderna, la dubstep e tanti altri ancora, sicuramente non sarebbero stati possibili senza l'utilizzo decisivo della tecnologia.
"Questa nuova iniziativa avrà un effetto enorme nel campo dell'educazione musicale" è la dichiarazione di Michael Bierylo, professore della cattedra di Electronic Production and Design del Berklee College of Music. "Abbiamo ora l'opportunità di studiare ed insegnare un'importante via attraverso la quale gli artisti stanno esplorando la musica".
Ed è importante questo passo perchè la sperimentazione ed i movimenti artistici arrivano sempre prima e solo successivamente, tra mille dibattiti, vengono assorbiti ed istituzionalizzati entrando nelle scuole ed ufficialmente negli studi accademici che ne raccolgono e sviluppano i frutti. E le scuole americane sono sempre state all'avanguardia in questo campo, riconoscendo in modo rapido i nuovi movimenti e diventando dei punti di attrazione per tutti coloro che guardano alle nuove tendenze musicali per il loro futuro nel music business.
Sono partite le prime audizioni a Boston per i musicisti EDI, che possono già contare su almeno quattro semestri di lezioni, laboratori ed ensamble che prevedono l'utilizzo anche di queste nuove tipologie di strumenti digitali, ora considerati allo stesso livello di un pianoforte, una chitarra o un sassofono.
Per ottenere il diploma anche i musicisti EDI non potranno certo sottrarsi dalla conoscenza della musica, della lettura musicale, della composizione e di tutte quelle materie "più classiche" che rendono un musicista più completo. E qui possiamo vedere l'intento e lo scopo finale più virtuoso di un'istituzione come il Berklee College of Music, ovvero di formare dei musicisti completi, indipendentemente dal loro mezzo di espressione, laddove invece fino ad oggi c'erano musicisti estremamente talentuosi e creativi ma magari privi di quella completezza teorica e pratica in grado di integrarli con continuità nel tessuto musicale più tradizionale.
In chiusura, visto che non stiamo su di un magazine di oltre oceano, vorrei aprire una riflessione che includa anche il nostro Paese. Già esistono corsi e scuole che hanno abbracciato queste tendenze e che, soprattutto nel campo della composizione e della produzione di musica per film e videogames, includono in modo accademico gli strumenti elettronici nei loro programmi. Non c'è però, e purtroppo questa è una storia che si ripete da decenni, una visione di prospettiva dello strumento digitale visto come strumento musicale con pari dignità rispetto agli altri.
Voglio ricordare, ad esempio, che per introdurre la chitarra elettrica nei conservatori italiani ci sono voluti quaranta o cinquant'anni e per la maggior parte ci si è limitati alla musica jazz, tralasciando quasi totalmente il mondo della musica rock e pop che costituiscono ancora oggi una grossa parte della produzione musicale mondiale, e anche italiana.
E' un segno abbastanza inequivocabile, a mio avviso, che continuiamo a chiamare le nostre università musicali Conservatori. Le parole tradiscono molto delle intenzioni o della vera natura delle cose a cui sono riferite. E se nei prossimi anni il Berklee College of Music accoglierà e attirerà migliaia di musicisti della nuova generazione con i loro strumenti elettronici da tutto il mondo, l'Italia non può continuare solo a puntare come core business didattico sulla riproduzione museale di opere che, pur con il loro valore monumentale e culturale che non va assolutamente trascurato, hanno oltre cento anni di vita.