Brian May, classe 1947, è forse uno dei chitarristi più sottovalutati di sempre (dalla critica di settore) ma universalmente riconosciuto come un punto di riferimento fondamentale per la maggior parte dei chitarristi del mondo.
Come ha ben raccontato Luke Rossi nel suo speciale e nella narrazione della sua biografia fatta di aneddoti singolari (come la costruzione della sua chitarra), May è fra quei pochi chitarristi ad aver scritto la storia dello strumento senza essere annoverato fra i Guitar Heroes. Colpa (o merito?) di un approccio mai virtuoso o prevaricante, ma di una presenza (musicale) sempre costante e discreta, in perfetto “british style”. Il temperamento di Brian si esprime non solo nei suoi modi gentili e mai eccessivi (sul palco e nella vita) ma anche nel gusto musicale sempre raffinato e di altissimo profilo.
Nella carriera dei QUEEN ha cavalcato l’onda dei favolosi anni ’70 scrivendo riff entrati nella storia del rock come Tie Your Mother Down e We Will Rock You, per toccare poi negli anni ’80 e ’90 livelli estetici raffinatissimi e anche abbastanza lontani dal classic Rock con episodi come Innuendo o I Want it All.
Sempre a metà fra il Pop e il Rock (con puntate verso il funk di Another one bites the dust) i Queen sono una band a cui è impossibile attribuire un genere musicale (avendo spaziato dal rock sinfonico al melodico, passando dal Pop fino quasi alla Dance) se non quello di una vera e propria Rock Band, capace di attirare folle oceaniche (basta citare Live Aid e Rock in Rio) e lasciare il segno in colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema come Flash Gordon (1980) e Highlander (1986).
In tutto questo percorso Brian ha sfoderato quasi costantemente il suo timbro, aggiornandolo negli anni, colorando con sapienza i suoi interventi, senza mai perdere la matrice nativa del suo sound.
Particolare e unico il timbro di May è costruito essenzialmente da una chitarra e un amplificatore con un semplice booster o compressore per aumentarne la saturazione, ma a differenza del trend “settantiano” che vedeva le due fazioni contrapposte (tra “Fenderisti” e “Gibsoniani”) concordi nella maggior parte dei casi solo sull’amplificatore (quasi inequivocabilmente Marshall); la scelta di Brian ricade su strumenti insoliti, a partire dalla chitarra costruita da lui stesso e che potremmo annoverare come perfetto esemplare di “Ferson” (un divertente mix anche linguistico fra Fender e Gibson) e un amplificatore inaspettato.
La scelta di amplificare il tutto con uno (anzi fino a ben 12 nelle sessioni live) Vox AC30 è la carta vincente di Brian. Un timbro insolito per un amplificatore che nasce con la vocazione quasi esclusivamente clean ma che, portato ad altissimi volumi (ed essendo di bassa potenza senza creare danni all’udito) e facendo lavorare le valvole ad un regime altissimo, restituisce un timbro caldo e profondo, vellutato ma deciso. Questi gli aggettivi che mi vengono in mente ascoltando il suo sound che ho avuto l’onore di apprezzare dal vivo proprio nel tour di Radio Ga Ga (1985) dove il riff di Hammer to fall, amplificato con ben 12 vox AC30, aveva letteralmente avvolto e “pettinato” il palazzetto dello sport con un suono epico. Eh si, proprio la componente “epica” del timbro, e del fraseggio, sono un altro aspetto fondante dello stile dei Queen.
Non ultimo, a coronare un suono che doveva rendere ancora più imponente le performance dell’indimenticabile Freddie Mercury, un tocco particolarmente attento ed una tecnica di registrazione accurata: le ritmiche di Brian sono quasi sempre doppiate in stereo con panorama a 180°, ovvero con canale left completamente a sinistra e canale right completamente a destra. Questa metodologia conferisce non solo apertura al timbro ma anche una esaltazione degli armonici e delle risonanze, che non saranno mai identiche fra un canale e l’altro grazie al comportamento variabile e “fluttuante” delle valvole. Laddove non doppia le parti (o addirittura triplica come nel caso di molte parti soliste armonizzate per terze e per quinte) May utilizza spesso un chorus/flanger/pasher (a seconda delle esigenze), proprio per riprodurre ancora una volta questo aspetto “fluttuante” del timbro, mai “immobile”.
E’ questo il caso proprio del brano di cui vorremmo occuparci in questo episodio, forse quello che ha reso storici i Queen, ma certamente non l’unico ad avere scritto la storia; se non altro il più particolare e originale, ovvero Bohemian Raphsody.
Tralasciando l’aspetto compositivo operistico e lirico e concentrandoci solamente sulla parte di chitarra, noteremo come il suono si inserisce perfettamente tra il pianoforte e la parte ritmica grazie ad un timbro con un picco molto evidente sulle frequenze medie. E’ una curva di frequenze tipica del VOX AC30 che cercheremo nelle emulazioni del nostro plugin, ma a questo si aggiunge un Phaser con livelli di risonanza abbastanza bassi che conferiscono uno “sfasamento” abbastanza importante al suono di chitarra, rendendolo più morbido ed al contempo evidenziano la componente che potremmo definire più “screamer” soprattutto sui bending e sui vibrati. In alcuni punti sembra che la nota fondamentale venga virata quasi esclusivamente sull’armonico superiore.
La compressione naturale dell’amplificatore e non ultimo del sistema di registrazione (a nastro nel 1975) contribuiscono a “contenere” il suono in un range dinamico accettabile; in un mondo digitale dovremo intervenire con dei compressori per evitare che le frequenze medie “buchino” in modo dannoso il nostro timbro.
Guitar Rig 5 di Native Instruments ha fra i suoi preset già un Bank dedicato a Brian May, e dobbiamo riconoscere che come punto di partenza non è affatto male. L’emulazione del VOX AC30 assolve alla sua funzione, seppure non sufficientemente per i valori di gain. Meglio aumentare il boost in ingresso per una distorsione un po’ più vivace; ottimo invece il lavoro del Chorus/Flanger. Per quanto riguarda gli ambienti personalmente sento l’esigenza di aumentare leggermente i valori della room per sentire la parte di chitarra “nel “ mix. Consiglio infine una piccola compressione sulla traccia, che anticamente era già di default grazie alla registrazione su nastro ma che digitalmente diventa necessaria per limitare picchi dinamici… e il gioco è fatto!