Se avete seguito le vicende di Gibson durante quest'ultimo anno ne avrete viste di tutte. Prima il rischio di un fallimento catastrofico, poi la rifondazione e l'arrivo di un nuovo amministratore delegato nel segno della discontinuità con il recente passato ma della continuità con la vera identità di uno dei brand dalla maggiore storia nel mondo della musica. Dal nuovo CEO e presidente James Curleigh è iniziato quindi il rilancio, con la depurazione dai business non centrali che avano generato ingenti perdite, ed il 100% della concentrazione e comunicazione sul core-business dell'azienda: fare ottime chitarre e preservare un'eredità importante.
Ma con il nuovo corso sono arrivate anche la lotta alla contraffazione, le cause contro gli imitatori del design Gibson, video minacciosi poi ritirati, le rettifiche ed il tentativo di costituire un programma per i liutai custom che vogliono usare il design Gibson, il trasferimento di nuovo a Nashville e di nuovo i video shock della distruzione di centinaia di chitarre invendute e fallimenti come la Firebird X.
Ce ne sarebbe davvero per un'intera serie televisiva in stile Netflix - e magari succederà. Colpi di scena, tensioni ed una storia che affonda le sue radici nella storia vera di una terra piena di contraddizioni come gli Stati Uniti, che però ha un fascino ineguagliabile sotto molti punti di vista.
Ma il motivo per cui dovremmo fare il tifo per Gibson sta nel video girato pochi giorni dal magazine americano Premier Guitar, un lungo tour per lo stabilimento di Nashville in cui nascono le chitarre Gibson. Ogni passaggio che questi strumenti fanno prima di partire verso i negozi è intriso di significato, di tradizione, della ricerca del modo migliore per consegnare ai musicisti uno strumento che sia qualcosa di più di un semplice mezzo.
Qualcuno ama chiamarla passione, altri la chiamano dedizione, altri ancora solo industria, ma c'è la verità è che una realtà come Gibson è tra le poche in grado di mettere assieme tutto questo, ed è il motivo per cui rimane ancora una delle chitarre più amate al mondo.
E questo vale per tutti gli altri brand importanti che come Gibson stanno vivendo momenti critici: mai come oggi, dove l'identità è forse una delle poche cose che non si possono copiare o riprodurre, proteggere la tradizione con l'innovazione è il compito più arduo ma anche più importante. Questo perchè in un mondo sempre più liquido il rischio di perdere progressivamente i nostri punti di riferimento culturali è grande.
Tra le ultimissime iniziative che il brand della "G" ha messo in campo c'è la Gibson Alliance, un programma che coinvolgerà i grandi musicisti associati a Gibson - come Slash, Lizzy Hale o Billy Gibbons ad esempio - come uno speciale consiglio consultivo in grado di dare il loro parere sui prodotti e le iniziative, proporre attività a scopo benefico ed educativo, nonchè aiutare a supportare la crescita della musica presso le nuove generazioni.
Un'altra iniziativa per i giovani è il Gibson Generation Group - rinominato "G3" - una sorta di "università" musicale ad invito promossa dal brand con un programma di due anni per aiutare gli aspiranti musicisti nel loro percorso ed arrivare al meglio sul palco.
Non da ultimo è importante l'annuncio fatto proprio in luglio dell'apertura delle prime collaborazioni creative con alcuni liutai boutique selezionati come Jimmy Wallace Guitars, Banker Custom Guitars e Echopark Guitars. A questi liutai Gibson ha garantito la licenza per l'utilizzo del suo marchio e dei suoi design. Gibson non solo permetterà a questi liutai di produrre chitarre boutique con le silhouette Les Paul, ES, Flying V, Explorer ed altri, ma li supporterà attraverso i propri canali ed eventi.
Un nuovo corso insomma nel campo della tutela del proprio design.
E allora credo sia giusto prendere le parti di questi brand quando tornano a prendere decisioni ragionevoli, quando si riavvicinano ai musicisti cercando di dare loro strumenti migliori ad un prezzo giusto, quando si preoccupano dell'ambiente, quando difendono ciò che hanno creato senza costruire muri. Ed è anche giusto che tutti coloro che amano questi brand, ed un po' li sentono anche parte della propria storia, siano le prime sentinelle ed i primi critici quando perdono la bussola.