Perchè l’OB-Xa è stato il synth polifonico più rappresentativo dei primi anni ‘80?
1980-1982, due anni d’oro per i sintetizzatori analogici polifonici. In soli due anni vedono la luce i migliori polifonici di sempre, dal Roland Jupiter-8 al Sequential Circuits Prophet-5 Rev 3 con chip Curtis che sostituiva, a detta di chi scrive, il migliore Rev 2 con i suoi filtri SSM, fino al primo Elka Synthex. Quel momento irripetibile per i synth polifonici si concluse, nel 1982, con il mitico Moog Memorymoog. Naturalmente Tom Oberheim non era rimasto a guardare: aveva già sviluppato il suo synth analogico polifonico a 8 voci OB-X nel 1978, a componenti discreti, con un successo relativo (solo 800 unità vendute) e decise di abbracciare un progetto nuovo e semplificato, basato sui chip Curtis per VCO e filtri, in configurazione a 2, 4 e 8 voci. E il mondo conobbe l’idea di suono grasso, potente e americano!
Grazie alla riduzione del prezzo di vendita (comunque sempre e solo per professionisti), dovuto all’impiego dei Curtis, l’Oberheim OB-Xa divenne in brevissimo tempo il nuovo synth polifonico da avere nelle session di registrazione. Il suo suono ha definito un'epoca ben precisa per il pop e il rock, con produzioni stellari che ancora oggi sono un esempio di musicalità unica. OB-Xa aveva dalla sua, oltre che al suono ricchissimo in armoniche e perfetto per contesti rock, le modalità split, layer e double per sfruttare al meglio le sue otto voci indipendenti.
Oberheim OB-Xa: la struttura
OB-Xa è un synth polifonico con due VCO per voce, con dente di sega e PWM regolabile, senza la Cross Modulation di OB-X ma con sync tra gli oscillatori, inviluppi per VCA e VCF, con quest’ultimo assegnabile al pitch del secondo oscillatore per effetti di sync selvaggi. Caratteristica propria di OB-Xa è il filtro LPF con possibilità di scelta tra 12 e 24 dB/Oct. Il filtro a 12 dB/Oct, da sempre un marchio di fabbrica di Oberheim, ha un suono particolare e molto adatto a far risaltare le medio alte frequenze con la sua risonanza. Pur avendo un filtro Curtis, OB-Xa si mantiene nei paraggi delle sonorità delle precedenti realizzazioni di Oberheim. Su OB-8, il polifonico successivo a OB-Xa, perderà in parte questa caratteristica. Il cutoff del filtro può essere modulato dal suo inviluppo o dall’LFO, oltre che dall’ingresso CV su pannello posteriore che consente, per esempio, di introdurre un segnale audio per modulare il filtro. Il tracking del cutoff ha solo due opzioni (acceso o spento). Tra le funzioni espressive, c’è Hold, per mantenere sempre attivo il VCA e quindi la nota suonata o l’accordo (perfetto per droni), la possibilità di selezionare la curva di portamento tra lineare e quantizzata a passi di mezza nota, e la memorizzazione degli accordi da trasporre suonando le note, con il limite della nota C5 che, se superata, viene trasposta automaticamente un’ottava sotto, a meno di usare i pulsanti di trasposizione sul pannello delle due leve per Pitch Bend e Modulation.
L’LFO ha controlli di Rate, con forme d’onda sinusoidale, quadra e S/H, con controllo di Depth comune per le destinazioni a scelta tra pitch di OSC 1, OSC 2 e cutoff di Filter. Il detuning del secondo oscillatore si realizza con un knob dedicato. Il primo oscillatore può essere impostato su quattro ottave differenti, mentre il secondo ha un range di cinque ottave. Per ampliare le capacità di sintesi, OB-Xa ha anche un pannello di modulazione dedicato, con il proprio LFO fino a 20 Hz con sinusoide, dente di sega e quadra da assegnare a uno o entrambi gli oscillatori. L’onda quadra si richiama con un trucco: occorre spingere la leva di pitch bend verso l’alto e contemporaneamente alzare il Knob Rate. L’attivazione della modulazione si ottiene anche sollevando il knob di Depth, senza necessità di usare il modulation lever dedicato. A proposito di Lever, Tom aveva preso questa decisione per essere differente dal Prophet 5. Il comportamento del Pitch Lever è infatti anomalo: spingendolo verso l’alto si ottiene un Pitch Bend discendente, cioè il contrario di quello che ci si aspetta. La scelta era dettata dall’imitazione del Pitch Bend sulla chitarra. Il Pitch Bend può essere applicato anche solo al secondo oscillatore, utile per controllare per esempio il sync, con possibilità di definire l’escursione tra un’ottava e un tono. Qui troviamo anche i due pulsanti per trasporre il suono di una ottava inferiore o superiore. Il pannello di modulazione può essere assegnato alla parte Lower, Upper o Double.
I due inviluppi sono classici ADSR, ma con una eccellente escursione, per cui entro la metà della corsa si trovano facilmente settaggi per suoni percussivi. Manca qualcosa? Sì, OB-Xa non ha alcun mixer. Si può solo scegliere se attivare o meno i VCO e, solo per il secondo, usare una modalità Half che riduce della metà il livello del secondo oscillatore. È presente anche un generatore di rumore, ma senza alcun controllo sul livello da pannello.
OB-Xa è dotato di memorie interne per salvare le patch: inizialmente erano 32, ma nell’ultima release furono portate a 120, potendole salvare su registratore a nastro, grazie alle connessioni incluse.
I controlli nascosti
Apparentemente OB-Xa sembra un synth spartano, ma ci sono delle sorprese. Alcuni controlli sono stati inseriti all’interno e per accedervi occorre svitare un paio di viti per ogni lato. Ogni voce ha il proprio pan pot, utile quando si usano le uscite stereo, anche se quelli delle prime quattro voci sono piuttosto inaccessibili. C’è poi lo switch per la protezione della memoria interna e un DIP switch per disabilitare la singola voce, utile nel caso della calibrazione e spesso causa di problemi dopo quarant’anni. Ogni scheda voce dispone dei propri trimmer di calibrazione e, da queste minime variazioni, nasce il suono analogico che consideriamo vivo e cangiante per ogni nota.
I difetti diventano pregi analogici
Ci sono diversi aspetti nei circuiti di OB-Xa che ne determinano il suono analogico tagliente e potente. La sua vividezza e quel sapore di puro analogico si deve innanzitutto alle tolleranze, piuttosto alte, dei componenti interni che determinano, invariabilmente, piccole differenze timbriche per ognuna delle otto schede voci interne. Si va dal tracking del filtro, poco preciso dopo le tre ottave di escursione, alle differenze minime nei tempi dell’inviluppo che si fanno sentire, e apprezzare, sopratutto in modalità Unison con sweep sul filtro. Ciò fa sì che un accordo suonato, o un unisono, diano origine a un suono cangiante nel tempo (provate a realizzarlo in digitale...). Tale comportamento, molto marcato grazie a un Eight Voice, si sente nell’introduzione di “Tom Sawyer” dei Rush, dove un suono in unisono assume un andamento inedito per la differenza di tempi sugli inviluppi e del comportamento del filtro di voci programmate allo stesso modo, soprattutto con uno sweep del filtro.
Un altro importante aspetto di OB-Xa è la ciclicità con cui richiama le singole voci, per cui suonando un lead in polifonia le note non hanno mai lo stesso identico timbro. OB-Xa è stato il primo synth di Oberheim a implementare un filtro a 24 dB/Oct. Apparentemente nulla di nuovo, ma su OB-Xa la selezione del tipo di filtro influenza direttamente la qualità timbrica dei VCO con cutoff tutto aperto e senza risonanza: selezionando 12 dB/Oct si ottiene un VCO con un contenuto più ricco sulle medio alte e meno carico sulle basse. Al contrario, selezionando 24 dB/Oct, il VCO appare più carico di basse frequenze. OB-Xa offre quindi due modalità timbriche diverse in base alla semplice selezione del tipo di filtro. I due filtri, inoltre, sono realizzati con due circuiti separati, ognuno con il proprio CEM. Sul successivo OB-8 questo schema sarà cambiato, a favore di un unico CEM per entrambi i tipi di filtri, perdendo parte della qualità dei filtri OB-Xa. La versione a 24 dB/Oct di OB-Xa ha un suono unico sulle armoniche e la risonanza.
Un altro aspetto importante di OB-Xa è il circuito del mixer interno dedicato ai due VCO e il generatore di rumore. Il circuito di somma è stato realizzato con pochi componenti ma che aggiungono distorsione armonica al suono in modo consistente, regalando delle saturazioni che si aggiungono al timbro finale, perfette per esaltare le medio alte e dare quel suono brillante tipico di OB-Xa. Quando poi si parla di Unison su OB-Xa, si entra in una dimensione sonora unica. Il suono si fa ancora più potente, quasi vocale, ed è un fronte d’onda timbrico impressionante e unico.
Comprare un OB-Xa
Come tutti i synth analogici dell’epoca, anche OB-Xa ha avuto revisioni importanti. Oltre alla scelta del numero di voci, riportato nell’etichetta con il numero seriale, nel tempo è stato implementato un nuovo circuito di auto tune, un editing più veloce, una nuova interfaccia per cassette, funzioni legate ai led durante il tuning, e nuovi microprocessori. I modelli più recenti (numero di serie superiore a 8208181) sono quelli a cui puntare. Quello che vedete in foto è uno degli ultimi prodotti nel 1982.
La channel strip per l’OB-Xa
Sebbene il punto di partenza timbrico sia già ottimo di suo, l’idea che abbiamo del suono di OB-Xa dipende anche dalla catena di effetti con cui è stato mixato. Oggi realizzare quelle catene è un gioco da ragazzi grazie ai plug-in. Il preamplificatore è molto importante, perchè OB-Xa esce con un livello basso tanto da richiedere una DI. La compressione è di rigore, meglio se eseguita con un Universal Audio 1176. Per suoni più morbidi occorre passare al dbx 165 o 165A. L’equalizzazione migliore si ottiene con un Pultec, soprattutto per le basse e alte frequenze, oppure con l’EQ di un Neve 1073 o 1084. Il chorus può essere opzionale, perché lavorando con i pan pot sulle singole voci di OB-Xa per il suono stereo si ottiene già un effetto che si avvicina al chorus, molto piacevole in stereo. Fondamentale il riverbero, in cui spesso erano annegate le tastiere negli anni '80. Non si può sbagliare usando un Lexicon 224, un AMS RX16 o un Eventide SP2016. Tra i delay da applicare, la scelta migliore è un Lexicon PCM 42. Infine è necessario un plug-in di saturazione, meglio se emula un registratore a nastro. Ogni traccia che conosciamo di OB-Xa è passata da un Tape Recorder che gli ha regalato l’ultima patina di calore e colore.
Conclusioni
OB-Xa è un’icona tra i sintetizzatori analogici polifonici. I suoi difetti, dovuti alla progettazione e ai componenti, sono diventati pregi e ne hanno decretato il successo negli anni ‘80, portandolo a essere il synth più rappresentativo della scena rock, pop e soul di Los Angeles e non solo. L’idea di suono grosso, organico potente, vivo e sparato in faccia si rispecchia perfettamente in questo bestione analogico, che ancora oggi risulta unico e affascinante come il primo giorno che fu presentato da Tom Oberheim nel dicembre del 1980. Quarant’anni e non sentirli!