Nel giro di due anni siamo passati dai concerti sui balconi, alle dirette streaming, ai bauli in piazza, passando per una foresta di regolamenti sanitari e restrizioni che scordatelo di suonare, per i concerti tamponati e mascherati e poi ad oggi. Si, ma dove siamo oggi? Sembra una domanda banale da farsi ma non lo è per niente. Il mondo passa da una pandemia ad una crisi economica ad una guerra come se niente fosse, e la musica, in uno dei momenti cui forse avrebbe più da dire e da raccontare, rischia di rimanere ai blocchi di partenza, di nuovo.
Mentre in altri paesi come gli Stati Uniti e diverse nazioni europee hanno deciso sostanzialmente di abbattere tutte le restrizioni e ripartire con una vita "quasi" normale, in Italia siamo ancora al "non si sa", "vedremo ad aprile"...
Come mi è capitato di dire molte volte, e non più tardi di un anno e mezzo fa nel pieno della pandemia scrivevo questo articolo "I Musicisti Non Vogliono Assistenza, Vogliono Un Piano Per il Futuro" in cui mi riconosco perfettamente ancora oggi, uno dei mali più grandi non è l'incombere delle difficoltà ma l'incertezza. Noi musicisti siamo abituati a vivere in mondo di precarietà, di panico semi-permanente, di esami quotidiani, delusioni immeritate ed irrimediabili speranze e progetti rocamboleschi. Siamo la resilienza fatta a filosofia di vita. Ma se leggete il mio articolo di cui sopra, scoprirete che nonostante le proposte che facevo fossero sensate e da molto tempo attese dal settore, nulla di ciò è stato fatto, proprio quando c'era l'occasione di mettere un punto e a capo e ripartire col piede giusto.
Ma torniamo all'ora. Dove siamo? Siamo nella situazione in cui tutti vogliono, e devono, ripartire, dopo due anni di fermi e cinghia tirata per tutto il settore. Tuttavia proprio nel momento in cui sarebbe più necessario avere delle certezze e delle regole precise, nulla si fa per dare un prospettiva a chi deve fare investimenti importanti per i mesi a venire. In altri paesi è stato scelto semplicemente di riaprire, da noi il "forse" è diventato una religione, con un movimento ondulatorio delle restrizioni che non fa bene a nessuno.
Quello che è abbastanza certo però è che questa estate, a partire da maggio/giugno per lo meno, i live ripartiranno e, come potete facilmente immaginare, ripartiranno tutti assieme. Dopo due anni in cui tutti i tour mondiali sono stati cancellati o rimandati ora l'estate del 2022 sarà probabilmente una di quelle più ricche di sempre di eventi live, anzi no mi correggo, di offerta di eventi live. Questa correzione è doverosa proprio per la situazione paradossale a cui facevo riferimento nel titolo. Dopo l'assenza quasi totale di concerti ora il rischio, più che concreto, è che di live ce ne siano troppi.
Beh, che male c'è, troppo è sempre meglio di troppo poco, no? Per il consumatore si, ma per il sistema no, poichè si sta chiaramente affacciando una situazione in cui l'organizzazione degli eventi potrebbe raggiungere un punto di collasso. Un po' come è successo per l'edilizia, drogata dagli incentivi al 110%, ora tutti questi tour contemporaneamente in giro hanno rapidamente saturato la capacità organizzativa e soprattutto le disponibilità di materiale tecnico e maestranze qualificate.
Fonti ben informate, che lavorano per i principali promoter mondiali, mi confermano che è diventato praticamente impossibile reperire impianti PA, transenne, ambulanze, personale di sicurezza, rigger, montatori, fonici, palchi, persino i bagni chimici che per legge devono essere presenti in un certo numero sono diventati più cari del gas russo.
Le rental companies europee, le più grandi che possono far fronte a molti tour allo stesso momento con quantità di uomini e materiale impressionanti, ora non riescono a trovare più ne l'uno ne l'altro, hanno i magazzini già completamente prenotati e, nell'emergenza di dover fornire più materiale, stanno rastrellando tutto il possibile da compagnie medie e piccole, che ovviamente dovendo rinunciare ai loro eventi per noleggiare la loro attrezzatura, si fanno pagare a peso d'oro ogni pezzo.
I grandi promoter, che non vogliono ammetterlo per ovvie ragioni, si potrebbero trovare nella situazione di dover scegliere se fare uno stadio o un festival, perchè entrambi non è possibile garantirli. Con milioni di euro di danni, visto che i biglietti per questi eventi si vendono mesi o anche un anno prima.
La proposta di alcuni organizzatori è stata quella, piuttosto che rimetterci milioni dopo due anni di situazione finanziaria tragica, di sborsare alcune centinaia di migliaia di euro per compensare e cancellare gli eventi medio/piccoli e liberare uomini e materiale per i grandi eventi, che in questo modo sarebbero forse in grado di aver luogo. Certo incontreranno molte resistenze, e molti organizzatori ed artisti non accetteranno di rimanere a casa e deludere il proprio pubblico per permettere ad altri più grossi di fare i loro concerti.
L'altro grande problema sta nelle tempistiche, data la scarsità di materiale e di uomini, il nolo e il ricircolo delle maestranze si è fatto follemente più breve. Eventi, come un grande festival estivo, che fino ad un paio di anni fa potevano richiedere 10-15 giorni di montaggio, quest'anno vengono richiesti montati, realizzati e smontati in meno di una settimana e con meno uomini. La domanda lecita e la speranza di noi tutti, pur contenti che la musica live possa ripartire in modo così prepotente, è che questa compressione dei tempi e delle condizioni di lavoro del settore non vadano poi a discapito della sicurezza, poichè abbiamo tragicamente assistito in anni passati alle conseguenze di lavori fatti in fretta e con una visione un po' troppo elastica delle norme di sicurezza.
E' comprensibile che il settore ora abbia bisogno di una boccata di ossigeno, di un'estate a pieno ritmo per riprendere le forze dopo il periodo più complicato degli ultimi 50 anni. Nonostante ciò tutte le criticità che si stanno presentando saranno un grande test per tutto il comparto, che ora deve competere con la ripresa contemporanea di tutta una serie di eventi che richiedono lo stesso materiale e le stesse maestranze. Pensiamo solo alle fiere ed agli eventi fissi.
A questo purtroppo si aggiunge tristemente anche la congiuntura sfavorevole causata dalla guerra in Ucraina. Non voglio minimamente entrare nel discorso ma lo lambisco soltanto portando un unico elemento tra i tanti che sta facendo tremare molti promoter. I prezzi dei biglietti di questi eventi vengono decisi un anno prima o anche di più, secondo preventivi che stimano i costi totali del tour, i compensi degli artisti e tutto il resto. Pensate ora alla situazione descritta poco sopra, con l'aumento improvviso dei costi di materiale e maestranze, ed ora aggiungete l'impennata imprevedibile dei costi di energia e carburante, una componente fondamentale per eventi itineranti che usano centinaia di camion e aerei e consumano moltissima energia. Non sarà semplice. Tutti i preventivi inevitabilmente salteranno, con un ulteriore stress per il settore che sperava invece di ritrovare un'uscita dalla pandemia se non in discesa quanto meno in piano. E invece, come diceva Paolo Conte in una sua famosa canzone, la vita è tutta una salita.
Un grande augurio da parte mia a tutto il settore della musica live, ci vorrà tutto l'entusiasmo che abbiamo messo in cascina in questi due anni per ripartire e fare una stagione alla grande nonostante tutto.