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Behringer Poly D: la recensione del Mini parafonico a 4 voci

Rapporto qualità/prezzo9
Costruzione8
Suono9
Facilità d'uso9
PER NOI
8.8

Behringer sta diventando il miglior amico del tastierista in cerca di analogico, in particolare dei più giovani che non hanno mai messo le mani sul vintage o che, più semplicemente, non se lo possono permettere. Dopo il successo di Model D, con i limiti delle dimensioni, arriva il bellissimo Behringer Poly D.

 

Abbiamo un amore smodato per tutto quello ha oscillatori, filtri e inviluppi Moog. Amiamo visceralmente quel suono, tanto da mantenere in perfetto funzionamento due Minimoog con schede oscillatori differenti. Per questo, quando c’è qualcuno che produce un synth che utilizza gli stessi concetti del Minimoog, subito andiamo a sentirlo. E siamo caduti immediatamente nell’acquisto di questo Behringer Poly D perché prende l’ossatura del Minimoog e lo espande con un quarto oscillatore e con la facoltà di lavorare in parafonia a quattro voci che, per quanto possa sembrare limitato, ha un fascino incredibile per quello che si riesce a fare.

 

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Behringer Poly D: hardware

Quando lo abbiamo scartato ed estratto, quasi non potevamo crederci: pesa tanto per essere così piccolo, è costruito benissimo in ogni particolare, con il pannello inclinabile in tre posizioni, e finalmente i potenziometri hanno la dimensione giusta. I 37 tasti hanno una lunghezza standard, con i tasti neri che riproducono anche l’angolatura dell’originale. La meccanica è migliore di molti altri synth in questa fascia di prezzo, quasi semipesata per la forza da applicare. Beheringer Poly D è molto di più di una riproduzione del classico Minimoog, perché Behringer ha integrato anche una sezione di distorsione analogica, prima dell’uscita audio, il chorus analogico con due modelli e una sezione digitale per il sequencer e l’arpeggiatore, che possono essere programmati anche via software. Le connessioni rivelano la natura flessibile del progetto: uscita cuffia anteriore e posteriore, due uscite Left Right su jack standard (il chorus è stereofonico), porta USB che funziona sia per il controllo software che come interfaccia MIDI In/Out class compliant, MIDI Out/In/Thru, due uscite indipendenti CV Out controllati da Velocity e Aftetouch con potenziometri per stabilirne l’intensità, uscite Pitch  e V Trig, ingresso per segnale audio esterno portato al mixer, Sync In e Out, ingresso per V Trig e quattro ingressi per controllare Loudness, Filter cutoff, Oscillator e Modulation Source, quest’ultimo quando non usato abilita il generatore interno di rumore come sorgente di modulazione. Tutte le connessioni sono realizzate su jack standard a ¼. Sul pannello posteriore sono presenti anche 18 trimmer per l’intonazione degli oscillatori, il rumore, i filtri e il distorsore.

 

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Il sintetizzatore

Basato sul Model D (vedi il test di Alessandro Cardinale), Poly D offre quattro oscillatori che possono essere utilizzati in modalità monofonica (come sul Mini). La novità sono le modalità Unison e Poly: la prima raggruppa i quattro oscillatori ma è possibile rubare uno o più oscillatori quando si suona una nuova nota. Poly invece utilizza un singolo oscillatore per ognuna delle quattro note. Essendo un synth parafonico, quindi con un unico filtro, ogni volta che si suona una nuova nota essa funziona da trigger anche su quelle che sono ancora premute e, pertanto, sono ripetute seguendo la ciclicità nel richiamo degli oscillatori e, in impostazioni, la priorità tra High Low e Last tra le note suonate. La differenza tra Unison e Poly dipende solo dal numero di oscillatori usati per la nota: in Unison sono utilizzati tutti gli oscillatori disponibili in quel momento, in Poly sono invece a ogni nota corrisponde un oscillatore. Rimane il problema di come gestire la fase di decay. Behringer ha inserito anche il selettore Auto Damp, che interrompe il suono della nota indipendentemente dall’inviluppo quando si rilascia la nota su tastiera. Si può apprezzare quando si usa un Sustain lungo con Decay su On. La combinazione di Poly, Auto Damp e inviluppo sul filtro permette combinazioni inusuali nell’esecuzione che possono ispirare nuove idee.

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Behringer Poly d opinone smstrumentimusicali

 

Gli effetti

Il distorsore analogico ha controlli di Distorsion, Tone (un filtro low pass), Level  e switch On/Off. E’ un peccato che Level controlli di fatto il livello d’uscita generale e non il mix con il segnale originale. La sua utilità è massima quando si impiegano pochi oscillatori per voce. Con un singolo oscillatore, per esempio, si ottiene un ottimo livello di saturazione che porta ad aggiungere armoniche superiori senza distruggere il timbro. Tuttavia il distorsore è parecchio rumoroso quando si lavora con Distorsion oltre le ore 12. Viene comoda la modalità Unison che permette di creare degli accordi a due note che si esaltano bene con il distorsore. L’effetto è senz’altro utile. Lo stesso dicasi per il Chorus, che viene offerto in tre modalità che rendono il suono piacevolmente stereofonico ed organico. Sul Behringer Poly D in test, il chorus risultava attivabile indipendentemente dallo stato del suo interruttore.

 

Behringer poly d prezzo smstrumentimusicali

 

Il sequencer e l’arpeggiatore

Basato su step e programmabile anche con Synth Tool, permette di creare otto pattern fino a 32 note, per ognuno degli otto banchi, da gestire anche da computer, con possibilità di inserimento delle singole note con valori indipendenti di Glide, Gate, accento e suddivisione dello step fino a quattro parti per creare anche accordi.

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In prova

Si fa molto presto a innamorarsi di Behringer Poly D, non appena si vede la qualità costruttiva. I colori degli interruttori non sono tra gli aspetti meglio riusciti (soprattutto il verde e l’azzurro non ci sono piaciuti), mentre la tastiera è molto convincente come anche i controlli. Gli oscillatori sono quelli che ci aspettiamo da un Minimoog, sebbene l’originale dimostri di avere una maggiore quantità di armoniche e più corpo sulle basse frequenze, e sono comunque un esempio di analogico molto musicale. La loro intonazione non è però molto performante: ogni ora circa abbiamo aggiustato l’intonazione. L’assenza di un oscillatore interno complica l’operazione, che si conclude in pochi passaggi spegnendo di volta in volta gli interruttori e modificando l’ottava di quello che si vuole intonare rispetto a quello di riferimento. L’uso dell’ingresso del segnale audio, quando prelevato da una delle uscite principali di Behringer Poly D, contribuisce a ingigantire il timbro sulle prime ottave. Il filtro passa basso è quello che conosciamo da Minimoog ed è un piacere da usare, anche per la qualità della risonanza. Il filtro Hi Pass è altrettanto interessante per inserti nel mix sulle frequenze più alte. Il problema maggiore di Behringer Poly D sono gli inviluppi, con quel click presente a tempo zero di attacco sia sul filtro che sull’amplificatore. Da una parte, usando per esempio solo la risonanza, si possono creare suono molto percussivi e nuovi, ma dall’altra limita la creazione di alcuni suoni con attacco pulito e molto veloce. Con tutti gli oscillatori spenti, il click è facilmente evocato. Il secondo punto debole è la curva dei potenziometri che non è uguale all’originale, rendendo più difficile la creazione di suoni percussivi con una fase di attacco ben precisa.

 

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Delle possibilità di Auto Damp e polifonia abbiamo già detto: è un punto molto forte di Poly D, che passa dall’essere un puro monofonico a un synth a quattro note che diventa fantastico per pad di ogni genere e tipo. Sentire i quattro oscillatori, che già di per sé sono eccellenti anche se usati singolarmente per ogni nota, creare un pad con un filtro come questo è qualcosa di nuovo, che sono i possessori di Memorymoog o, ancora meglio, Moog One hanno avuto il privilegio di ascoltare. Quelle quattro note di polifonia in modalità parafonica valgono tutto l’acquisto! Una critica però è da fare: la ciclicità del richiamo degli oscillatori è indipendente dall’attivazione dell’oscillatore. Suonando due note in Poly, disattivando i primi due oscillatori, non c’è suono perché Behringer Poly D assegna sempre gli oscillatori secondo la priorità di nota. L’integrazione di distorsore e chorus permette di arrivare a un suono analogico pronto e finito per il mix, con una bella quantità di evoluzione armonica. Il sequencer e l’arpeggiatore si dimostrano utili tanto in studio quanto nel live, soprattutto per la scena EDM. Da non dimenticare le possibilità di rendere Poly D sensibile alla velocity e all’aftertouch, comprendendo anche l’interfaccia MIDI che, seppure basilare, permette una buona integrazione nel proprio setup. Ultimo aspetto riguarda l’impatto dinamico del timbro, che è inferiore rispetto al Minimoog. Se non avete mai suonato un Minimoog, non vi accorgerete della differenza.

Conclusioni

Non c’è che dire: Behringer ha trovato il modo di rendere più interessante un sintetizzatore monofonico basato su un progetto classico e più volte copiato, che può essere usato anche per creare pad a quattro note, pur con tutti i limiti della parafonia, cioè con un solo filtro e un solo VCA. Malgrado ci siano dei punti deboli, chiunque voglia avere un timbro potente, analogico e con un filtro, che da sempre è magico, trova in Behringer Poly D il sintetizzatore ideale. I punti deboli sono spazzati via dal prezzo. A chi invece conosce già il Mini, consigliamo l’acquisto del Poly D perché si rivelato molto flessibile nel suono, grazie ai quattro oscillatori e agli effetti, aprendo nuove strade. A noi è piaciuto moltissimo, anche con i suoi limiti che possono diventare pregi. Il timbro c’è tutto, la potenza e la flessibilità pure. Il prezzo, vista la costruzione e le caratteristiche, è imbattibile. Da avere nel setup!

 

Pro

Il suono del Minimoog a un prezzo incredibile
Qualità della tastiera
Aftertouch e velocity
Quattro oscillatori
Chorus analogico
Distorsore
Modalità Poly
Costruzione

Contro

Click a tempo zero sull’inviluppo
Intonazione poco stabile tra i quattro oscillatori
Assenza di oscillatore a 440 Hz interno

 

INFO

BEHRINGER

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