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Campionatori: 40 anni di tecnologia per il Sound Design #2


campionatoriDopo aver visto nella prima puntata i primi costosi modelli comparsi sul finire degli anni settanta, nella seconda ci spostiamo negli anni ottanta. Un decennio in cui – oltre all’evoluzione - la parola di ordine per ciascun produttore è stata rendere questa tecnologia alla portata di tutti i musicisti: vediamo come…

 

L'evoluzione

Dai primi 8 bit, i produttori presero strade ben chiare: da una parte Emu, Synclavier e Akai svilupparono campionatori top end con possibilità di espandere il sistema con hard disk, magneto ottici, SCSI e valanghe di RAM relativamente al periodo, dall'altra i produttori di sintetizzatori (Roland, Korg, Sequential Circuits, Ensoniq, Casio,Yamaha e altre piccole aziende che presero la palla al balzo) cercarono soluzioni di compromesso con un peso maggiore della parte di sintesi, spesso tagliando sulla dimensione massima della RAM o creando espansioni specifiche fuori standard. La differenza non fu di poco conto e, a distanza di decine di anni, è ancor più netta quando si vuole dare un valore musicale a questi prodotti. Tutti i campionatori a 12 bit hanno ovviamente una dinamica ridotta e spesso artefatti di aliasing quando si traspone il suono alle ottave superiori. Non sono quindi campionatori fedeli, ma hanno quella pasta che li rende oggi interessante per aggiungere un tocco di anni '80. Oggi è possibile upgradarli con ram a basso costo, sostituire il display e inserire un lettore USB, pur mantenendo la stessa velocità di caricamento dei floppy disk... lentissima.

 

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Librerie di suoni

Un'altra considerazione riguarda le library: vinsero i produttori con le migliori library, aprendo il nuovo settore delle librerie campionate, cioè Emu e Akai in primis, seguiti da Roland. Per anni il campionatore fu visto come quel passo necessario per superare i limiti dei sintetizzatori. Non dimentichiamoci che ci sono voluti quarant'anni per dare dignità al sintetizzatore come strumento musicale con il proprio suono. Dove falliva il sintetizzatore, nell'imitazione di strumenti acustici, poteva sembrare riuscirci il campionatore. Non così fu per i dj e l'hip hop, che usarono subito il campionatore come strumento creativo, infischiandosene della capacità emulative, richiedendo una nuova categoria di strumenti digitali capeggiata da Akai MPC, seguita da Roland con incursioni anche di Yamaha e Korg nel tempo e fino a oggi.

 

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Akai S900

La corsa dei 12 bit:  sua maestà Akai S900

Mentre Emulator II dominava la scena, nella metà degli anni '80 si vedono grandi movimenti: Akai presenta lo spartano S612 nel 1985, seguito dal primo vero campionatore per tutti i professionisti, il mitico S900 a 12 bit, 40 kHz e con un tempo massimo di campionamento di 48 secondi a 4 kHz, diventando lo standard assoluto, anche con i modelli successivi, a cui tutti i concorrenti guardavano. S900 aveva una sezione di sintesi digitale in stile sottrattiva ma senza alcun filtro risonante, otto uscite audio e un bel display con un sistema di navigazione molto facile. Soprattutto la diffusione delle library di campioni, che venivano regalate a chi possedeva l'S900, ne decretò il successo. La struttura dei campioni e le funzioni di editing del campione resero l'S900 e i successivi modelli lo standard industriale per gli anni a venire. Peccato per i filtri digitali, che non furono mai all'altezza della controparte analogica. La qualità audio era superlativa, per l’epoca, rispetto a prodotti concorrenti come Ensoniq Mirage, a 8 bit, o Roland MKS-100 e S-10 a 12 bit, che avevano ben poche carte da giocare. Aveva anche una velocità di risposta al MIDI molto elevata, che lo rendeva perfetto per triggerare una batteria o per costruire linee di batteria molto tirate. Il suo timbro era tutto dovuto alla sezione D/A: all'epoca costruire un convertitore a 12 bit era ancora un progetto tra il digitale e l'analogico. Il suono dei 12 bit Akai rimane oggi ancora una pietra miliare, definibile anche come crunch, anche per quella fine equalizzazione sulle medio alte che definivano meglio il suono. L'S900 fu sostituito da S950, con una maggiore quantità di memoria, che consentì di esplorare il time stretching a livelli sperimentali.

 

Sequential Prophet 2000/2002

Sequential Circuits sviluppò un campionatore con filtri CEM comprendendo anche una serie di forme d'onda in ROM per trasformarlo in semplice synth in sottrattiva senza dover caricare campioni. Passati ormai più di 30 anni, con tutti i problemi possibili di componenti deteriorati dal tempo (in particolare la RAM), i Prophet 2000/2002/2002 Plus sono oggi interessanti proprio per il suono analogico grazie al classico VCA/VCF CEM 3379. Hanno un suono molto pieno e corposo, tipicamente americano. Grasso e grosso. Come la storia insegna, non è il singolo componente che fa il suono, ma il progetto globale. Il problema maggiore è la sua affidabilità, ma i componenti interni non sono difficili da trovare. I preset non rendono giustizia al campionatore: come per tutta la produzione Sequential dell'epoca, anche il 2000 mantiene la tradizione del suono Prophet. E' incredibile ascoltare una risonanza così selvaggia provenire da un progetto apparentemente semplice. Costruiti per durare nel tempo, la versione rack è da preferire per la presenza di veri pulsanti, a differenza della tastiera che imita il primo DX7 (le mode sono mode, allora andava così). In ogni caso, un Prophet 2000 vi porta nel mondo del digitale e dell'analogico allo stesso tempo: i pad sono meravigliosi, qualsiasi campione di synth si veste da Prophet grazie ai filtri, e c'è una certa profondità di suono che lo caratterizza. Il suono è pienamente anni '80!

 

 

 

Roland serie S

Sempre a metà degli anni '80, anche Roland entrò nel segmento, prima con S-10 e poi con i più interessanti S-50/S-330/S-550, sempre a 12 bit con frequenza impostabile a 15 kHz o 30 kHz, filtri digitali (ben suonanti) e interfaccia per monitor esterno, mouse e tavoletta grafica, che li rendeva un ottimo tool per la programmazione. La piattaforma fu usata anche per la workstation W-30 a tastiera, incrementando la risoluzione a 16 bit. Ancor oggi questi campionatori hanno ragion d'essere per la qualità dei suoni sintetici, molto anni '80. Grazie alla possibilità di sostituire il disk drive con un più moderno lettore USB, pur mantenendo la stessa velocità di caricamento, è possibile avere tutte le library sotto mano, che sono da sempre il punto forte dei campionatori Roland. Il suono è altrettanto classicamente Roland, con colori da D-50, avvolgente grazie ai 12 bit e con un sapore digitale mai noioso, che si adatta bene a interventi sintetici. La dinamica non era il suo forte. Eccellente la facilità di programmazione, grazie alla possibilità di collegamento a un monitor, oggi reso ancora possibile grazie a un cavo speciale venduto su Internet.

 

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Brochure Roland di presentazione del campionatore S-50

 

Korg DSS-1/DSM-1

Il brand nipponico fece il suo debutto con il primo modello a tastiera DSS-1 e il successivo rack DSM-1, non identici. Solo la versione a tastiera aveva gli stessi filtri analogici del Poly 800 con risonanza, funzioni di sintesi additiva per creare forme d'onda a singolo ciclo e un completo synth in sottrattiva. L'expander DSM-1 aveva una maggiore polifonia ma sacrificava il filtro che era senza risonanza. DSS-1 rappresentò il punto di partenza per sviluppare i suoni della successiva workstation M1, come ben espresso nell'intervista a Michele Paciulli, che dimostrò le ampie possibilità di programmazione. Il sampler Korg ha un timbro piuttosto scuro ma molto caldo, adattissimo ai pad analogici, vicino come qualità di colori alla serie DW/EX. Non è il più fedele campionatore, ma i suoi 12 bit e le possibilità di sintesi lo rendono ancora interessante. Non facile da programmare, a causa del suo piccolo display, può essere un incubo da restaurare, a causa dei componenti progettati da Korg, in particolare il filtro. E' probabilmente il campionatore 12 bit più nerd che ci sia, adatto per addetti ai lavori che già conoscono il mondo della sintesi. Le soddisfazioni timbriche, però, non mancano. Per chi scrive il DSS-1 è visto più come sintetizzatore analogico, con campioni come punto di partenza degli oscillatori, che non come campionatore con filtri.

 

Ensoniq EPS

Sempre in tema di sintesi, Ensoniq presentò il successore del Mirage con EPS a 13 bit, filtro digitale senza risonanza e una interfaccia utente piuttosto semplice. La storia del primo EPS potrebbe finire qui se non fosse che solo molti anni dopo è stato riscoperto, assieme ad ASR, per le potenzialità  di sound design grazie alla sua funzione Transwave, in linea di principio vicino alla sintesi granulare, che permette di modulare un campione acquisito per creare Soundscape fenomenali e mai sentiti! Tra tutti i campionatori, chiunque abbia utilizzato un EPS ricorda la qualità del suono, sempre morbida dove occorre o precisa in fatto di strumenti ritmici, quasi fosse un suono già trattato in studio. Se Prophet 2000 è il campionatore più vicino all'analogico, EPS è la controparte analogica, con una bellissima patina sulle medio alte, adattissimo alle voci e ai cori. Non di meno, la facilità di riproduzione delle basse frequenze lo hanno reso celebre nel circolo hip-hop, dove oggi è ancora ampiamente utilizzato. Tra i limiti di tutta la serie, c'è il filtro LPF digitale senza risonanza, ma in grado di produrre eccellenti risultati sulle basse frequenze e suonare analogico. Purtroppo, come la storia ci ha insegnato, i prodotti Ensoniq non sono mai stati del tutto affidabili: si scaldavano troppo o c'erano bug sul sistema operativo.

 

EMU Emax

Anche Emu pensò di occupare la fascia intermedia presentando Emax nel 1986, sia in versione a tastiera che a rack, dichiarandolo a 12 bit, ma usando un sistema di compressione dei dati a 8 bit che, unito a una catena in sottrattiva con VCA/VCF SEM 2047, risultò differente rispetto all'Emulator II. Il suono, oggi, è considerato vintage e molto appetibile. I fltri SSM sono da sempre garanzia di un timbro più morbido e musicale. Le possibilità di riuscire in un restauro del campionatore sono alte, anche grazie a un sistema di test che orienta velocemente all'errore. La library è eccellente, come sempre per Emu, e quindi conviene cercarne uno che ne sia fornito, sempre che lo troviate. La RAM limitata lo proietta più verso i suoni sintetici che non verso il campionamento. Suono potente, ricco di dettagli, grosso e grasso come si conviene a un synth americano, è la ciliegina sulla torta per chi cerca ispirazione elettronica dimenticata dagli anni '80. Con la sua library, si trasforma in un sample player interessante. Peccato sia così difficile reperirlo a prezzi onesti sul mercato dell'usato.

 

 

Yamaha TX16W

L'ultimo sampler a 12 bit a comparire sul mercato fu questo modello giapponese, un progetto molto ambizioso, grazie alla frequenza di campionamento a 50 kHz, ma che si rivelò un flop commerciale a causa del pessimo sistema operativo che rendeva tutto complicatissimo. Molto tempo dopo nacque il sistema operativo Thypoon, ora gratuito, che rese più umano il TX16W, ma il danno era ormai fatto. Sulla carta, il TX16W è un mostro con i suoi diversi modelli di filtri digitali con risonanza, il problema è tutto nella curva di apprendimento, che rimane ostica. Se si riesce a superarla, ci si trova con un ottimo campionatore, con un suono digitale ma ancora non gelido, spostato verso la musica elettronica di classe elevata. Gli inviluppi sono tra i più veloci tra i sampler a 12 bit e l'affidabilità è alta.

 

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Yamaha TX16W

 

Termina qui la veloce disanima sui campionatori storici a 12 bit, e in fondo all’articolo troverete i link per consultare i manuali di alcuni dei campionatori descritti. Nella prossima puntata vi proporremo una serie di modelli a 16 bit comparsi sul finire degli anni ottanta e le loro particolarità: come sempre, non mancate, il viaggio continua!

 

I manuali

 

 

 

 

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