Dopo tutti questi articoli di "Come Sono Fatti Gli Effetti" (andate a vedere tutti gli episodi precendenti se ve li siete persi), è arrivato il momento di parlare di un effetto snobbato da molto che però è molto più presente nella discografia di successo di quanto si pensi: il Phaser.
Questo effetto inoltre è parecchio versatile e, nella storia della musica moderna, è stato utilizzato nei modi più svariati e creativi dai musicisti, tanto che in alcuni casi non viene nemmeno riconosciuto come tale.
COS'E' IL PHASER
Per spiegare cosa fa esattamente il Phaser dovremmo addentrarci più di quanto vogliamo fare nella spiegazione fisica ed elettronica nel fenomeno, per cui qui vi darò giusto qualche cenno per capirne le basi e poi ci concentreremo su una più pratica spiegazione dei parametri classici che si trovano nei pedali/plugin phaser e che cosa esattamente fanno. In questo modo in un breve articolo imparerete a conoscere meglio questo effetto ma anche ad utilizzarlo meglio.
Il nome Phaser deriva dalla parola "Fase" (Phase) che è una delle caratteristiche fondamentali di un'onda (frequenza, ampiezza e fase). Per capirci, quando due onde con uguale frequenza e ampiezza sono IN FASE, allora sono sovrapponibili. Se faccio slittare avanti o indietro una delle due ottengo due onde FUORI FASE. Quando le due onde arrivano ad essere una il contrario dell'altra, abbiamo due onde CONTRO FASE (vedi immagine).
Il concetto fondamentale qui da capire, ma molto semplice, è che due onde in fase si sommano, due onde fuori fase si cancellano in parte, due onde contro fase si annullano a vicenda.
L'effetto Phaser quindi sfrutta la contro-fase di alcune frequenze per creare un filtro che di fatto genera dei buchi nel nostro spettro sonoro, un po' come togliere delle frequenze in modo aggressivo equalizzando. L'effetto oscillante del Phaser deriva dalla capacità dell'effetto di far oscillare queste frequenze sfasate così che i "buchi" del nostro filtro si muovano periodicamente avanti e indietro. Qui sotto potete vedere l'immagine di un suono a cui è stato applicato il Phaser e che presenta quindi il classico aspetto del filtro "a pettine".
COME FA IL PHASER A FARE IL PHASER?
Anche qui non vogliamo addentrarci troppo nei dettagli elettronici, ma visto che questa breve spiegazione ha molto a che fare con i parametri che poi troviamo nei pedali, è utile capire approssimativamente cosa succede dentro la scatola.
L'immagine che vedete qui sopra semplifica il circuito di un Phaser. Il segnale viene duplicato, una parte rimane inalterata e va verso il segno + a destra, che è fondamentalmente un mixer e poi all'uscita. La parte di segnale che prosegue verso il basso invece passa attraverso una serie di STADI, che sono dei filtri passa-tutto e non fanno altro che sfasare pezzi del segnale a diverse frequenze. Più stadi avremo e più "buchi" andiamo a creare nel nostro spettro. Successivamente il segnale finisce dentro un amplificatore che costituisce il classico parametro DEPTH, che ci dirà quanto è intenso il segnale sfasato che andremo a sommare a quello inaleterato, e quindi quanto "forte" sarà l'effetto di phasing.
Praticamente in tutti i pedali Phaser troviamo anche il parametro FEEDBACK. Questo parametro controlla un circuito di ritorno che prima del DEPTH prende il segnale sfasato e lo riporta all'inizio della catena. La quantità di Feedback quindi aumenterà l'aggressività del filtro rendendone più "appuntiti" i solchi ed i picchi e rendendo l'effetto più intenso.
MEGLIO QUINDI 4,6 o 8 STADI?
Solitamente i Phaser analogici hanno da 4 a 8 stadi, e sugli effetti a volte ci sono anche degli switch che permettono di passare da una modalità all'altra. Non c'è un meglio o un peggio. Siccome il numero di stadi determina il numero di "buchi" nel nostro suono (con una regola n/2 dove n è il numero di stadi), più stadi aggiungiamo e più il suono risulterà filtrato e l'effetto più o meno "robotico".
Ho detto robotico appositamente proprio perchè uno dei trucchi che si utilizza nel mondo del cinema per creare una voce sintetica è proprio quello di passarla attraverso un Phaser. Non tutti sanno, per esempio, che la voce di C-3PO, il famosissimo droide protocollare di Star Wars, è stata ottenuta trattando la voce dell'attore doppiatore in un Phaser.
NON DIMENTICARTI DEL RATE!
Certamente ci manca il parametro RATE, che molto spesso nei pedali è indicato come SPEED. Come vi ho accennato prima la modulazione o movimento che questo effetto aggiunge al nostro suono è derivato dal fatto che, tecnicamente parlando, un LFO è applicato a ciascuno STADIO permettendogli di oscillare in frequenza. In parole povere un oscillatore, controllato dal nostro parametro RATE, fa muovere avanti e indietro i nostri "buchi" nello spettro, facendo si che l'effetto di filtraggio si sposti in frequenza, generando il classico suono Phaser.
Ovviamente più è basso il RATE è più "tranquilla" sarà l'oscillazione, mentre a valori alti l'oscillazione sarà molto veloce e percepiremo una modulazione molto rapida. Alcuni effetti digitali permettono di sincronizzare il RATE del Phaser con la velocità del nostro pezzo, così da ottenere un incastro perfetto, come si fa spesso anche con i delay o il tremolo. Nei Phaser analogici invece bisogna andare di più ad orecchio e trovare una sincronia che ci risulti musicale e non disturbante per l'arrangiamento.
BREVE STORIA DEL PHASER
Sembrerà strano da dire ma il primo Phaser della storia, probabilmente fu un Flanger. Infatti questi due effetti sono molto simili (magari dedicheremo un articolo solo al Flanger in futuro), e derivano entrambi dall'effetto, prima indesiderato e poi volutamente ricercato nei secondi anni '60, che si otteneva sommando due tracce identiche provenienti da due nastri diversi. I registratori a nastro non erano precisi al millisecondo e c'era quindi una leggera oscillazione tra i nastri che creava più o meno lo stesso effetto del Phaser/Flanger.
Nel 1968 uscì il pedale Uni-Vibe, ideato da Fumio Mieda, che univa chorus e phase shift, utilizzando proprio il concetto di circuiti di cui abbiamo parlato. Molti furono i musicisti che si innamorarono di questo pedale, ed il più famoso è sicuramente Jimi Hendrix.
Negli anni '70 uscì invece il Dunlop MXR Phase 90, completamente dedicato al phaser, e su il pedale che utilizzarono praticamente tutti i chitarristi e tastieristi dei gruppi rock psichedelici di quel periodo, primo tra tutti Steve Hackett dei Genesis.
Anche Andy Summers utilizzò il Phaser in molti dei suoni creati per le registrazioni con i Police, ma la sua filosofia era ancora differente, utilzzando il Phaser più come filtro e preferendo le oscillazioni lente a quelle molto marcate della psichedelia.
Eddie Van Halen ne fece una delle sue timbriche preferite alla fine degli anni '70 utilizzandolo in modo però abbastanza diverso ed aggressivo in combinazione con le distorsioni. Fu talmente forte il suo impatto sulle sonorità chitarristiche di quegli anni che Dunlop fece uscire successivamente una versione del Phase 90 EVH Signature.
Forse proprio perchè è un effetto considerato di nicchia, o forse perchè rimasto marchiato dal sound del rock psichedelico, il Phaser non è un effetto che si è evoluto particolarmente nel tempo. Se ne trovano moltissime versioni delle diverse case produttrici di pedali e plugin, ma il concetto rimane più o meno simile ed inalterato anche nei Phaser moderni. Ciò che è cambiato è, con l'arrivo del digitale, la possibilità di aggiungere un numero molto elevato di STADI, come accade per esempio nei Phaser presenti nelle console da DJ, e non è raro vedere Phaser a 32 stadi, che possono venire utilizzati su qualunque traccia per dargli quel tipico suono filtrato ed allo stesso tempo in movimento.