Se ne sta parlando quasi ovunque nel mondo musicale in questi giorni. Gibson, il brand di chitarre più famoso al mondo assieme a Fender, ha deciso di fare causa a coloro che copiano il suo design. E non è una minaccia priva di fondamento, le prime cause sono partite ed il mirino l'hanno puntato per primi contro Dean Guitars, o meglio contro il brand collegato Armadillo Distribution Enterprises che già da alcuni anni era oggetto di avvertimenti legali - in gergo tecnico delle lettere "cease-and-desist" - che intimavano di cessare la produzione dei modelli marcatamente ispirati, o talvolta quasi totalmente copiati dai modelli Gibson. L'accusa è di avere violato un marchio registrato, contraffazione, competizione sleale e di aver conseguentemente danneggiato Gibson mettendo sul mercato prodotti che secondo il brand storico vengono associati ai loro prodotti. La prima causa chiede circa 14 milioni di dollari.
La pietra dello scandalo però è stato questo video, con protagonista uno dei maggiori esperti Gibson al mondo, Mark Agnesi, che ora lavora proprio per la casa madre come Director of Brand Experience. Agnesi con una sterzata trumpiana, rispetto al "fair-play" di facciata adottato negli anni passati, in sostanza ricorda la grande tradizione e storia del marchio Gibson ed avverte tutti coloro che ne copiano il design che "loro sono lì per proteggere questa eredità".
Quello che fa un po' specie è che se Gibson probabilmente si fosse limitata ad avanzare con le cause, non si sarebbe alzato questo polverone. Il video "bully" di Agnesi ha generato una quantità enorme di critiche e di commenti negativi, tanto da essere rimosso dal canale YouTube di Gibson.
Prima di procedere e fare un minimo di chiarezza sulla situazione plagio o contraffazione, voglio dire che non c'è peggior cosa di fare la faccia da cattivi e sollevare il pugno se poi si ritrae immediatamente la mano. Gibson ha rischiato seriamente il fallimento, non se la sta vedendo bene nemmeno ora, ha cambiato corso e da novembre ha ingaggiato come nuovo amministratore delegato James "JC" Curleigh, un navigato ex-laureato di Harvard e Stanford con esperienza più che ventennale nel rigenerare i brand e portarli verso nuovi successi. C'è riuscito con Mars, l'ha fatto con Salomon, KEEN e quindi con Levi's dove da presidente ha re-inventato la strategia per trasformare un prodotto vecchio e visto-come-vecchio, in un prodotto "cool". Durante l'ultimo anni della sua presidenza - nel 2017 - Levi's ha fatto segnare il miglior risultato di vendite da dieci anni a questa parte.
Provate a vedere se questo vi suona famigliare. “Dobbiamo prendere quell'autenticità, il retaggio culturale e le basi del saper confezionare jeans, e quindi focalizzarci sul futuro. Dobbiamo guardare al futuro più che al passato. Questo è quello che una start-up di 150 anni deve fare."
Se prendete questa intervista rilasciata a Forbes da Curleigh e sostituite la parola "jeans" con "chitarre", otterrete esattamente ciò che il nuovo CEO sta cercando di fare con la 116-enne Gibson.
Ovviamente, come per i jeans, anche quello di Gibson è un prodotto tradizionale e quindi il primo passo del nuovo corso è stato quello di rassicurare la fan-base realizzando nuovamente i modelli classici che il pubblico chiedeva da anni, mentre l'ex-CEO si spostava invece su innovazioni poco sensate e su acquisizioni del tutto insensate.
La linea Gibson 2019 è stato il passo rassicurante, ora il passo numero due però della strategia di Curleigh è quello di destabilizzare il mercato per riprendere vantaggio. Molti brand hanno guadagnato "copiando" di fatto Gibson e sottraendogli quote rilevanti di mercato. L'intento di Curleigh, della causa contro Dean e del video di Agnesi, non è infatti quello di vincere contro ogni singolo produttore che si è ispirato più o meno regolarmente al design Gibson, bensì quello di creare un punto di svolta, e far sapere a tutti coloro che lo faranno che hanno un grosso fucile americano puntato contro. La destabilizzazione del mercato - o dell'avversario - è una delle più antiche strategie tattiche, partendo da "L'arte della guerra" di Sun Tzu - datato VI secolo a.C. - passando per "Il Principe" di Machiavelli fino ai moderni manuali di strategia aziendale. Infatti per quanto questo machismo 2.0 possa aver sollevato diverse critiche, di sicuro non cambierà il fatto che una Gibson sarà sempre un miglior investimento di una sua copia. Ma se sei un brand che copia ora sei meno tranquillo e sei stato additato come plagiatore. E chi compra una chitarra e vuole sentirsi "cool", inconsciamente assorbirà questo messaggio.
In diversi sostengono che Gibson stia sbagliando e che il passo giusto sarebbe stato avvicinarsi di più ai chitarristi abbassando i prezzi. E invece sarebbe l'ennesimo errore.
Primo perchè il passato dimostra che tutti i tentativi in questo senso non hanno funzionato, abbassando anzi il valore del marchio. Una Ferrari a basso costo non è ciò che chi compra Ferrari desidera.
In secondo luogo perchè Gibson vuole seguire l'America-First, celebrando il valore e la qualità del prodotto americano, ed abbassare il prezzo vorrebbe dire inseguire marchi che invece hanno fatto della fascia economica il loro punto forte, ed hanno molta più esperienza nel fare profitto verso il basso.
Terzo, ed ultimo, in questo periodo il mercato medio-basso è il più falcidiato dalla crisi-recessione, ed entrare in questo settore non è per nulla conveniente. Il mercato dei cosiddetti high-spender è invece in crescita e l'effetto scarsità che Gibson vuole tornare a creare sui suoi modelli è proprio quello che ecciterà gli amanti del brand.