Guitar: Plug-in o Hybrid?
Dal Vintage al Digitale
di Frank Caruso
Sempre più spesso mi interrogo su quale sia effettivamente oggi la figura e il ruolo del chitarrista, un po' perché guardandomi allo specchio negli anni mi vedo cambiare, un po' perché per professione entri in contatto sempre con realtà diverse e un po' anche perché l'eterno dibattito e, a volte, anche una certa dose di goliardia, mettono di fronte le due tifoserie “meglio l’amplificatore” vs. “sei antico”.
Diciamocelo, è un dilemma eterno a cui quasi tutti i chitarristi sono sottoposti pressoché quotidianamente, a suon di “ma non senti che non suona vero il digitale”, e risposte del tipo “ma va a a gasolio ancora il tuo ampli”?
Scherzi a parte, se 10 anni fa la linea di demarcazione fra chitarrista duro e puro (Chitarra Jack e amplificatore) e chitarrista virtuale (Chitarra e Portatile con plug in) era ben chiara sia nella forma che nella sostanza, oggi non è poi così vero, ed è un dato tangibile.
Nella storia il chitarrista è sempre stato legato al suo equipment, effetti e amplificatore, e se negli anni 70 un chitarrista produceva dieci album sempre con lo stesso suono (senza offendere i Led Zeppelin e gli Ac/Dc...) nel tempo questo aspetto è cambiato.
Non solo. Nel 1980 un chitarrista aveva una band, faceva le prove nella saletta del suo amico, e verosimilmente sposava sua sorella.
Oggi il chitarrista ha almeno due se non tre band, registra nel suo home recording ma anche in quello del suo amico, prova in una sala in affitto con outboard appena sufficiente e non può uscire contemporaneamente con le sorelle dei componenti di tutte e tre le band.
Ora, se nel primo caso è verosimile che il mio stack amplificatore e doppio cabinet rimangano in sala prove, nel secondo caso diventa difficile e oneroso portarsi appresso tutto quanto…
La verità è che oggi il chitarrista è poliedrico, suona generi diversi, la stessa musica si è arricchita di timbri e colori diversi, uscendo un po' dal monocromatismo tipico del passato.
Questo aspetto è personalmente quello che mi interessa di più, ovvero riflettere su cosa sia avvenuto prima. E’ un po' come l’antico dilemma
sul quale anche Aristotele disserta, ovvero se sia venuto prima l’uovo o la gallina (ancora non ho trovato risposte…); la domanda è se sia stata la varietà timbrica che abbiamo avuto a disposizione ad averci aperto gli orizzonti creando stili eterogenei, o se sia la necessità compositiva di uscire dal monocromatismo statico ad averci indotto nella ricerca di nuovi approcci stilistici e sonori.
Lo stesso dilemma, con un parallelismo, lo rilevo con l’avvento del MIDI rivolgendosi al mondo delle tastiere. La fine degli anni ‘70 i primi ‘80 hanno visto arrivare sul mercato questa grandissima innovazione, che ha coinciso con un cambio stilistico forse mai vissuto primo nel pop e l’avvento della dance, ma anche di approcci musicali più complessi come i Toto dove l’utilizzo del MIDI è parte fondante di quelle timbriche.
Questa consapevolezza è importante per asserire con realismo che i cambiamenti tecnologici hanno un riflesso anche di tipo espressivo, formale, narrativo e quindi anche di sostanza. Lentamente allora forse riusciamo ad uscire da quel divertente approccio goliardico tra chitarristi sudati dal trasporto di amplificatori e altri ben pettinati con il loro portatile, per affrontare il tema un pochino più dall’alto e renderci conto che le cose sono cambiate, e stanno cambiando tutt’ora.
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