Noi musicisti diamo a volte l'idea di essere persone un po' con la testa sulle nuvole e con le mani sempre troppo indaffarate sui nostri amati strumenti per poterci occupare di cose come il tema di questo articolo. Tuttavia spero che la prospettiva dalla quale voglio provare a guardare a questo tema abbastanza spinoso vi faccia incuriosire e ragionare sul fatto che, per quanto la nostra sia l'arte effimera di scolpire l'aria con i nostri suoni, nessuno può essere completamente impermeabile al cambiamento dei tempi e del mondo in cui lavoriamo, suoniamo e creiamo.
Tutti sicuramente saprete che è in atto la prima fase di una grande guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che, giocoforza, ha coinvolto anche l'Europa. Al momento attuale le prime schermaglie si stanno giocando sull'imposizione di dazi, anche importanti, su alcuni prodotti e materie prime che vanno verso gli USA poichè il presidente Trump ha deciso di imporli come "sanzione" per lo sbilanciamento esistente tra i grandi blocchi commerciali mondiali (appunto USA, Cina ed Europa).
Eviteremo qualsiasi tipo di lezione di macro-economia, basti sapere però che a grandi linee attualmente il problema sta nell'avere due blocchi come Cina ed Europa che sono più esportatori che consumatori/importatori e gli USA che invece pendono più dalla parte del consumo e quindi importano di più quanto esportano.
Perchè dovrebbe importare al mondo della musica, degli strumenti musicali e dei musicisti tutto questo?
- Gli USA sono il mercato leader al mondo per gli strumenti musicali, circa il 40% del totale. Pensate che solo il grande mondo della chitarra negli USA vale attorno a 1,5 miliardi di dollari (in Italia l'intero mercato degli strumenti musicali vale per capirci attorno ai 300-350 milioni).
- La Cina - e l'Oriente in senso lato - è il maggiore produttore/esportatore di strumenti musicali di ogni tipo.
- L'Europa si posiziona nel mezzo, con un grande numero di marchi produttori ed un mercato in ripresa dopo la crisi.
- Gli USA sono anche il mercato musicale e discografico di riferimento, ovvero il continente che definisce i trend musicali che poi influenzano anche gli strumenti che si venderanno.
Il 6 di luglio sono stati applicati i primi dazi su materie prime e componentistiche da Cina e Europa verso gli Stati Uniti. Di contro anche Cina ed Europa hanno risposto con proprie tariffe sulle importazioni dagli Stati Uniti. Un circolo vizioso che sta già facendo innescare le prime micce e causando i primi danni collaterali. Non è solo possibile/probabile che gli strumenti che arrivano dagli USA aumentino di prezzo a causa dei contro-dazi europei, ma l'aumento sarà doppio ed il rischio forse ancora maggiore poichè molti degli strumenti musicali costruiti negli USA contengono materie prime o componenti cinesi ed europee sottoposti a dazi.
Vediamo qualche caso che mostra la contraddizione in termini di questa manovra commerciale nel breve periodo.
Moog è il marchio che ha inventato i sintetizzatori come li conosciamo. Attualmente una buona parte dei componenti all'interno di questi synth arrivano dalla Cina ed hanno subito un aumento di prezzo del 25% a causa delle tariffe. Moog ha già dichiarato che, non essendo possibile aumentare il prezzo degli strumenti in modo proporzionale con il rischio di uscire dal mercato, è possibile che debba considerare di spostare la propria produzione all'estero, licenziando personale nel suo stabilimento americano. Al tempo stesso, essendo considerato un prodotto elettronico, i synth Moog rischiano di cadere nei contro-dazi europei e di vedere quindi aumentare i prezzi di parecchio nel Vecchio Continente, rendendo i loro strumenti meno accessibili.
In modo asimmetrico i prodotti audio finiti che dalla Cina arrivano negli USA non sono soggetti a dazi, così che, paradossalmente, i numerosi marchio americani che producono negli USA con componentistica cinese saranno sfavoriti rispetto ai concorrenti cinesi. Non solo la Cina quindi potrebbe aumentare le vendite in alcuni settori ma potrebbe anche vedere diversi brand a stelle e strisce bussare alla porta di Pechino per andare a produrre laggiù piuttosto che negli States.
Dal lato Europa invece, non solo potremmo vedere i suddetti prodotti americani aumentare di prezzo a causa di quanto detto. Un altro rischio è dato dai contro-dazi, pesanti tariffe fino al 50% su alcuni prodotti dagli USA. Le cose, per ora soprattutto per chi fa mixer e registratori audio negli States, potrebbero diventare seriamente difficili, poichè il rischio di un crollo della loro quota di mercato europea è più che concreto.
Ci sono quindi tutti i prodotti realizzati negli States che utilizzano materie prime come l'alluminio, e nella musica ce ne sono molti. Pensiamo alle pedaliere, agli chassis delle casse e speaker, alcuni pedali, tastiere e controller. Questi produttori forse saranno costretti a cambiare i loro prodotti per non dover alzare i prezzi molto oltre quello dei concorrenti, ma ci vorrà tempo ed a rischio sono soprattutto i marchi medi e piccoli che non hanno la possibilità di delocalizzare.
Gli effetti immediati saranno sull'utente finale che, come al solito, è quello con il minor potere in assoluto. Il potere che però l'utente finale si riserva sempre di esercitare è quello di non acquistare, o di acquistare altro. Quindi se questi dazi avevano come scopo quello di riportare in pari la bilancia commerciale, il primo effetto sarà quello di creare una gran confusione ed imprevedibili effetti sul mercato da entrambe le parti. Di certo non il massimo per un settore che esce ancora timidamente dalla crisi.
E per noi in Italia? Nel nostro piccolo, oltre a subire qualche aumento, il nostro Paese potrebbe anche notare degli "effetti collaterali" positivi, con alcuni nostri brand più favoriti rispetto a quelli esteri che via via potrebbero essere colpiti da queste ed altre tariffe se la guerra commerciale dovesse continuare.
Il gioco è appena iniziato, aspettiamo di vedere già nei prossimi mesi i primi effetti.