Sabato sera era programmato 'L'Ultimo Concerto?' iniziativa che vedeva schierati centinaia di artisti e 130 live club in tutta Italia per un mega-concerto in streaming contemporaneo come non se ne erano mai visti. Oltre 100 mila persone si sono collegate al sito della manifestazione di protesta (www.ultimoconcerto.it) che voleva riportare al pubblico quella atmosfere, seppur a distanza, della musica dal vivo che tanto manca a tutti noi, sia a chi sta sul palco che sotto.
Invece tutto l'evento era una grande provocazione, poichè dopo un breve video di preparazione ogni live ha mostrato, proprio nel momento in cui gli artisti avrebbero dovuto attaccare a suonare, lo stesso messaggio: "Nessun concerto. Ecco, lo avete capito anche voi. Qui è dove siamo adesso: la realtà che viviamo oggi, che rischia di essere anche il nostro domani. L’Ultimo Concerto? L’avete già vissuto, nel 2020. Il Prossimo? Noi vogliamo che ci sia! Dateci voce, ci mettiamo la passione e i palchi!".
Hanno partecipato a questo 'finto-live' di protesta nomi di grande calibro, da Liganue a Caparezza, gli Afterhours, Subsonica, Cosmo, Brunori Sas, Roy Paci, Mellow Mood e molti altri. E grande è stato ovviamente il disappunto del pubblico che non ha esitato a commentare nei modi più diversi sui social, dalle prese di posizione più critiche fino alla piena solidarietà con il settore. Come al solito non dobbiamo farci illusioni, poichè questo stesso arcobaleno di opinioni rappresenta l'estrema frammentazione e divisione che ha portato questo settore ad essere poco rappresentato ed ottenere altrettanto poco a livello istituzionale negli anni.
Il poster con i Live Club che hanno aderito all'iniziativa
Tuttavia questa volta credo che, oltre la provocazione, questa manifestazione sia riuscita a mettere a fuoco una fotografia realistica e concretizzare delle proposte per far si che alla fine di questa emergenza Covid possiamo uscire di casa e trovare ancora locali aperti dove andare a sentire musica live e dove andare a suonare.
L'allarme lanciato dai live club, il rischio reale, è che circa il 50% di questi non riaprano più nemmeno a fine emergenza. Teniamo conto anche la situazione precedente al Covid, in cui già la crisi economica 2008-2012 ed il cambio delle abitudini della gente aveva fortemente ridotto il numero di locali per concerti.
Lascio a voi informarvi meglio sulle proposte e richieste fatte nel manifesto pubblico sul sito (www.ultimoconcerto.it), anche se posso dire che finalmente c'è una lista sensata di provvedimenti urgenti e necessari per il sostegno ed il rilancio della categoria. Ovviamente c'è la richiesta dei ristori in base al fatturato perso (circa il 90% rispetto al 2019), proroga di mutui e leasing, credito d'imposta sugli affitti, estensione del sostegno ai lavoratori dello spettacolo ed altro ancora.
A questo si aggiunge anche la richiesta al Ministero dei Beni Culturali del riconoscimento dei Live Club come luoghi della cultura, il che permetterebbe un'equiparazione con cinema e teatri e di accedere ad agevolazioni e misure di sostegno che oggi non sono possibili.
E ora un paio di considerazioni, personali e professionali, visto che oltre che giornalista sono anche musicista ed in quanto tale colpito in prima persona dalle restrizioni.
Nel manifesto si legge che i mancati introiti sono stati di circa 50 milioni di euro, che le spese vive sostenute nonostante la chiusura forzata siano state di circa 10 milioni. Ora, 60 milioni di euro di aiuti sono davvero un briciola rispetto a quello che è stato dato, anche a pioggia e con manica larga nel 2020. Non voglio entrare nella polemica delle migliaia di persone che hanno continuato a lavorare comunque da casa ma hanno percepito la cassa integrazione come se fossero in pausa forzata. Lascio pure perdere le migliaia di partite IVA che hanno preso i ristori e poi hanno incassato lo stesso dell'anno precedente, ed in alcuni casi pure di più.
Vogliamo proprio dimostrare che non c'è interesse a che queste attività rimangano aperte? Ebbene se questo sostegno non arriverà, vista l'esigua percentuale rispetto ai miliardi erogati con poco controllo, sapremo che questo non è un Paese che pensa che la musica sia cultura e che valga la pena resistere contro la grande solitudine e mancanza di contatto reale a cui questo nuovo secolo social ed infine questa pandemia ci stanno portando.
La seconda considerazione che faccio è che ho trovato lodevole l'iniziativa e l'idea ma temo che, come molte altre di questo tipo come quella dei Bauli in Piazza, venga presto dimenticata o relegata ad una buona trovata di marketing. Cerco di immaginarmi una situazione in cui dal dichiarare di voler cambiare le cose, si passi al cambiarle davvero. Immagino dieci, venti artisti tra quelli più famosi e con maggior seguito, ritrovarsi un giorno davanti alla porta del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con stampa e telecamere al seguito e chiedere di essere ricevuti, con questo manifesto in mano e con la programmazione di una conferenza stampa subito dopo per comunicare quanto il Ministro ha risposto. Per come funziona la politica oggi non credo che rimarrebbero fuori da quella porta molto tempo. Se la popolarità ha grandi pregi, talvolta significa anche prendersi delle responsabilità. Credo sia arrivato il momento di prendersele.