Questo è uno di quei casi in cui mi sono voluto prendere qualche giorno in più per evitare di scrivere semplicemente un comunicato stampa o dare un'immagine affrettata su questo che non è uno degli argomenti che riguardano il mercato degli strumenti del nuovo millennio, è L'Argomento.
E non è un caso se le multe che fioccano in casi come questo tendono ad essere piuttosto salate (ma non troppo, leggete e capirete). L'ultimo episodio arriva dalla Germania, per fatti che poi risalgono al lungo periodo tra il 2006 e il 2018. Proprio nel 2018 è iniziata l'indagine presso il Bundeskartellamt, garante anti-trust tedesco che vigila sulla concorrenza del mercato, che ha portato settimana scorsa alla sentenza di cui parliamo.
21 milioni di dollari di multa per Roland, Fender, Yamaha, assieme al colosso dell'e-commerce Thomann e ad un altro dei più grandi d'Europa, Music Store con sede a Colonia.
"Per anni i produttori e i commercianti di strumenti musicali hanno sistematicamente lavorato per contenere la competizione sui prezzi verso l'utente finale", dichiara Andreas Mundt, Presidente del Bundeskartellamt. "I produttori hanno chiesto almeno ai commercianti leader Thomann e Music Store di non scendere sotto un prezzo di vendita minimo stabilito, cosa che questi hanno fatto in diversi casi."
"In aggiunta, in casi individuali i commercianti si sono accordati tra loro su aumenti di prezzi su singoli prodotti. Con queste multe il Bundeskartellamt manda un chiaro segnale non solo alle compagnie coinvolte ma anche all'intero mercato degli strumenti musicali che violazioni della proibizione di fissare o controllare i prezzi di vendita non saranno tollerati".
Il garante riporta come le tre compagnie abbiano cooperato con i grossi rivenditori per fissare un prezzo minimo, contattando i rivenditori che facevano sconti eccessivi e chiedendo loro di riportarli al prestabilito, pena una sospensione degli ordini o peggiori condizioni di acquisto. E' stato riportato inoltre che Yamaha e Roland utilizzavano un software apposito per monitorare i prezzi sul mercato e tenerli quindi sotto controllo.
Per quanto riguarda Thomann e Music Store, sono stati riportati 13 casi tra il 2014 e il 2018 di accordo per un aumento sincronizzato dei prezzi.
Questi casi seguono ad analoghe multe salate già giunte negli anni precedenti in UK per Fender, Roland, Korg e il negozio GAK.
Ora che abbiamo riportato la vicenda, è bene dire che ovviamente il "price-fixing" è una pratica che va contro la concorrenza e non è possibile appoggiarla in quanto va a discapito dell'utente finale. E' bene anche sapere che oggi i produttori ed i distributori si sono più o meno tutti tutelati cambiando le loro politiche di prezzo, che ora prevedono solo un prezzo indicativo al pubblico suggerito per i dettaglianti.
Tuttavia esiste, sicuramente per il mondo musicale e probabilmente anche per altri settori, anche un lato oscuro che questa regolamentazione anti-trust si porta dietro che, allo stato dei fatti, non ha fatto altro che rafforzare ulteriormente la posizione dominante dei grossi commercianti, soprattutto nell'online. Mercato online che nei prossimi anni diventerà quasi certamente la fetta più grossa di questo settore.
E com'è possibile che una norma anti-trust favorisca la riduzione della concorrenza?
Questo accade perchè il mercato in questo momento è già sbilanciato verso pochi grandi player in grado di acquistare enormi quantità rispetto ai piccoli, in grado di sopportare sconti estremi o addirittura andare sotto-costo per falciare la concorrenza per sfinimento.
I produttori più attenti ed i distributori che riescono ad avere un rapporto equo e migliore con i negozianti lavorano costantemente per mantenere un fair-play generale, ma i grandi player lo sanno che, sulla lunga distanza, anche con piccoli ribassi di pochi euro alla volta, hanno già vinto con queste regole.
Tutto ciò succede poichè, senza violare nessuna norma o legge, chi se lo può permettere tra i rivenditori online utilizza a sua volta dei software per scandagliare di continuo i prezzi sul mercato online. Poniamo esempio che il software del negozio A trovi a mezzanotte (poi capirete perchè è importante anche l'orario) un prodotto con un prezzo inferiore al proprio. Questo vuol dire che su Google l'utente sarà molto più motivato a cliccare su quel negozio, a parità di prodotto. Il software allora, istruito sul prezzo minimo raggiungibile, decide autonomamente di ribassare il prezzo del tale prodotto sul proprio store a, diciamo, un euro meno rispetto al concorrente.
Se tutto finisse qui, non sarebbe altro che l'automazione di un processo applicato da sempre. Tuttavia come la teoria dei giochi insegna, quando i concorrenti hanno le stesse armi, il gioco diventa pericoloso per tutti.
Siamo alla mezzanotte in cui il software del negozio A ha abbassato il prezzo di 1 euro rispetto al prezzo più basso online. Il software del negozio B alla una di notte vede un prezzo più basso ed a sua volta scende di 1 euro. Il negozio C non sarà da meno, scendendo di un altro euro alle due. Ma alle tre di mattina il software del negozio A tornerà alla carica con un altro ribasso. E così via fino al mattino in cui alla riapertura ci si accorge che un prodotto può essere arrivato anche al limite del margine zero, margine oltre il quale anche il software si rifiuta solitamente di scendere.
Buon per l'utente finale, direte!
Solo in teoria.
Il grossi negozi online A, B e C svegliatisi la mattina ed accortisi dei ribassi, a causa della norma anti-trust, non possono più appoggiarsi al produttore o al distributore per fare da regolatore e rimettere tutti d'accordo. Per cui il prezzo solitamente ha una velocità di discesa molto rapida ed una di risalita bassissima, tanto che a volte i produttori decidono di ritirare quel prodotto dal mercato poichè non viene più acquistato a causa del margine zero.
L'utente finale però nel frattempo continua a spendere meno, direte!
Solo in teoria.
Questo perchè non esistono solo i negozi A, B e C, ma tutto un ecosistema di migliaia di negozianti medi e piccoli che non solo non possono permettersi di avere un margine zero su certi prodotti ma per cui anche pochi euro di ribasso ogni mese equivalgono ad essere messi fuori gioco.
Il risultato è che i piccoli e medi negozi subiscono via via una pressione sempre maggiore e non hanno più risorse per i dipendenti, per investire in brand di qualità, per le iniziative e per promuovere il proprio negozio. Il budget per gli acquisti si abbassa sempre di più, si opta per i prodotti più economici, solitamente asiatici, ma a margine sempre più basso, fino a che l'attività non ha più sangue nelle vene per sopravvivere.
E se vi chiedete perchè la maggior parte dei negozi di strumenti musicali che conoscevate ha chiuso o è in sofferenza, questo è il motivo.
Il circolo vizioso si stringe però anche sui produttori, sempre più legati a doppio-filo ai grandi compratori, come i negozi A, B e C, che possono in maniera più o meno diretta pilotare il mercato ed i prezzi nella loro direzione.
Se io per esempio fossi il negozio A e volessi controllare il prezzo delle chitarre e ottenere migliori condizioni di acquisto, magari potrei produrre chitarre con un mio brand, magari strumenti di buon livello, ad un prezzo molto basso, con un margine molto basso, inizialmente anche sotto-costo. Nulla di male, è l'imprenditoria. Il problema è che ora il negozio A è sia il produttore del marchio più conveniente che il maggior compratore degli altri brand più noti. Una mossa a tenaglia da cui è difficile divincolarsi.
Ecco perchè nel titolo di questo pezzo c'è sia la parola "Giustizia" che la parola "Ipocrisia". Il garante tedesco può essere allo scuro del fatto che indirettamente questo tipo di regola, che non tiene conto dello stato del mercato, avvantaggia gli stessi grandi che ora sta multando? Lascio la domanda aperta a voi, che forse potreste farmi notare la coincidenza che i due grandi megastore coinvolti sono proprio tedeschi, dico potreste...