La distribuzione di strumenti musicali è un settore piuttosto delicato, perché a delle buone capacità di vendita deve fare da contraltare una forte passione per i prodotti che si propongono.
Storicamente, chi ha badato solo ai numeri in questo comparto ha fatto sempre poca strada.
Un esempio di passione e competenza è Roberto Lajolo, che con sua moglie Daniela Pfeiffer da oltre 30 anni gestisce Midimusic a Torino, che attualmente distribuisce i seguenti marchi:
- Native Instruments
- Presonus
- RØDE
- Adam Audio
- Waves
- SPL
- Nektar
- Image Line
- Arobas Music
- Bitwig
- Finale
- Lynx Studio Technology
- Heritage Audio
Musicista da sempre appassionato di nuove tecnologie, con Roberto ogni nostro incontro di lavoro termina sempre con discussioni “fiume” sui pianoforti preferiti o le caratteristiche innovative di un nuovo prodotto. Recentemente abbiamo chiacchierato anche della storia di Midimusic, e a un certo punto ho esclamato: “perché non la raccontiamo?”. Fatto! Davanti a un tavolo zeppo di fotografie, depliant e cataloghi degli ultimi 30 anni, nella sede di Midimusic ho raccolto questa bella chiacchierata con Roberto e Daniela.
La passione
Riccardo Gerbi: all’ingresso di Midimusic troneggia il tuo buon vecchio Yamaha CP80: un modo per ricordarti la tua passione?
Roberto Lajolo: se siamo qui è per la passione. Sono un musicista che ama la musica, gli strumenti, ma soprattutto la tecnologia. Credo di essere stato tra i primi in Italia a combinare i sintetizzatori con i sequencer sul palco, e ben prima dell’avvento del protocollo MIDI. Riuscire a far dialogare due macchine all’epoca era già un successo! Oltretutto, parliamo di un periodo in cui gli strumenti non erano così pratici da trasportare: facevo serate in cui, nel bagagliaio della macchina oltre ai sintetizzatori, caricavo anche lo Yamaha o l’Hammond. Tanta fatica, ma dovessi tornare indietro rifarei tutto: un periodo incredibile.
RG: ogni giorno, una scoperta nuova?
RL: esatto, e con l’avvento dei primi personal computer il progresso fece un ulteriore balzo in avanti. Provai un Commodore 64 su cui era caricato un sequencer denominato Supertrack, realizzato da una software house tedesca che si chiamava C-Lab: una folgorazione! Io in quel periodo ero già fidanzato con Daniela che, essendo tedesca, mi fece da tramite con questa piccola azienda per avere maggiori informazioni. Il nostro interlocutore fu Gerhard Lengeling, il fondatore di C-Lab, che mi mandò copia del prodotto per compiere dei test; in seguito diventammo buoni amici.
Midimusic
RG: la genesi di Midimusic?
RL: Gerhard mi spinse a mostrarlo ad amici musicisti o rivenditori di Torino, ma sempre privatamente. La svolta accadde quando arrivò sul mercato un computer come l’Atari 1040 ST.
RG: è incredibile la spinta che diede l’Atari al settore, con quelle porte MIDI I/O nel parco connessioni…
RL: si, perché fece capire ai musicisti che era la macchina giusta per fare musica. Gerhard Lengeling passò immediatamente dal Commodore 64 all’Atari come piattaforma, sviluppando un sequencer come Creator. Fu quello il momento in cui con Daniela intuimmo che questo mercato si stava rapidamente espandendo: era il 1987 e nacque la Midimusic.
Daniela Pfeiffer: ricordo ancora il viaggio che feci in macchina da Torino fino alla sede C-Lab in Germania, per ritirare dalle mani di Gerhard il primo Dongle del Creator. Sono ripartita immediatamente alla volta di Pesaro, perché c’era il SIM (Salone Internazionale della Musica ndr) dove debuttammo sul mercato italiano, e nel nostro stand volevamo proporre la prima dimostrazione di Creator. Viaggiai tutta la notte, ma questo sforzo fu ripagato dalla soddisfazione nel vedere gli sguardi increduli dei visitatori che sostavano nel nostro stand.
RG: erano anni di grande fermento…
DP: era una cosa incredibile. In primis, c’era una grande curiosità per le prime proposte sul tema, e la gente partecipava numerosa alle fiere, per vedere all’opera queste nuove tecnologie.
Roberto Lajolo: la cosa bella era lo stupore e l’entusiasmo del visitatore. Per esempio, nel 1988 uscì il Notator, che in pratica era il Creator con in più la notazione musicale, e io a quell’epoca facevo anche il dimostratore durante le fiere. Ricordo ancora gli sguardi attoniti del pubblico quando le note venivano visualizzate correttamente sul rigo musicale del monitor mentre suonavo! Oggi per assurdo potresti anche volare che non desti nessuna impressione, perché la gente non si stupisce più di nulla; questo secondo me è venuto a mancare nel tempo.
RG: un periodo di assoluto pionierismo…
RL: e in Midimusic non abbiamo mai perso questa filosofia. In seguito ci siamo espansi acquisendo la distribuzione di altri brand, ma cercando sempre dei prodotti non solo di qualità, ma soprattutto innovativi per il musicista, che aprissero la strada verso nuovi orizzonti musicali. Le aziende che abbiamo scelto in oltre 30 anni di attività dovevano sempre rispettare certi requisiti. Ancora oggi faccio fatica a vendere un prodotto in cui non credo.
RG: come siete partiti?
RL: letteralmente da una cantina, traducendo e stampando i manuali dei primi prodotti distribuiti con le stampanti ad aghi dell’epoca! Ricordo le traduzioni di quelli in tedesco fatte insieme a Daniela, dove intervenivo spesso sul testo per renderlo più accattivante al lettore. Oggi anche questa passione nella traduzione dei manuali si è persa, e in molti casi trovi scarne informazioni sulle caratteristiche dello strumento.
I brand
RG: abbiamo parlato di forte innovazione tra i punti fermi dei brand distribuiti da Midimusic, partiamo da Opcode?
RL: fummo i primi a distribuire in Italia il software Audio Vision, che in seguito fu ribattezzato Studio Vision, il primo sequencer in cui potevi combinare non solo tracce MIDI, ma anche fino a quattro tracce audio. Anche in questo caso fu una svolta, perché si andava verso quel concetto di DAW oggi di uso comune.
RG: Event?
RL: questa acquisizione ci permise di distribuire in Italia le prime interfacce audio di qualità a prezzi abbordabili. Modelli con denominazioni curiose per il pubblico italiano, quali Darla, Gina, Layla o Mona aprirono la strada ad ambiti che nel settore oggi definiamo l’home o il project studio. In termini di vendite furono un successo pazzesco. Riguardo a Event ho un aneddoto curioso da raccontare. Quando stipulammo l’accordo per la distribuzione, le interfacce audio non erano ancora pronte e ci proposero un monitor da studio che avevano appena finito di realizzare: il diffusore 20/20.
RG: praticamente, fu l’esordio di Midimusic nell’audio pro?
RL: esatto. Noi non avevamo mai distribuito dei monitor da studio, però dopo aver ascoltato la resa delle 20/20 decidemmo di espanderci anche in questo settore, con ottimi risultati.
RG: rimanendo nel settore, e Adam?
RL: un altro brand che ha rivoluzionato il mercato degli ascolti introducendo il tweeter a nastro nei suoi esclusivi monitor, peraltro oggi alla portata di tutti. Se ripenso ai progressi compiuti dal giorno in cui ho acquisito la distribuzione di Adam stento a crederci, ma altrettanto di potrebbe dire di Presonus: partita da piccoli accessori e interfacce è arrivata in seguito a realizzare mixer digitali e impianti PA professionali.
RG: un sogno mio di gioventù erano le interfacce Creamware…
RL: il brand tedesco fu tra i primi a progettare schede con DSP multipli onboard, con un ambiente software a corredo dove potevi compiere il routing audio/MIDI virtualmente, a colpi di mouse. Il punto di forza in quel periodo fu che Creamware sviluppò parallelamente anche una serie di virtual instrument dedicati. Anche questo fu un successo in termini di vendite, nonostante il prezzo importante.
RG: e Native Instruments?
RL: una bella palestra in termini di flessibilità, perché il brand tedesco ha esteso negli anni la sua produzione anche su strumenti per i DJ/Producer, per esempio, un altro mercato per noi assolutamente inedito. Le prime dimostrazioni di Traktor nella sede di Native a Berlino ci hanno convinto che il prodotto racchiudeva quei principi cardine descritti in precedenza, quindi anche questa sfida andava raccolta. Un’esperienza analoga è stata la distribuzione di RØDE, perché partito realizzando microfoni per l’audio pro, il marchio australiano si è specializzato in capsule e accessori per il broadcast; questa scelta ci ha aperto nuovi mercati oltre all’ambito professionale, quali l’amatoriale e il consumer.
Pro e contro
RG: tra i prodotti che hai distribuito in tutti questi anni, quale ti ha dato maggiori soddisfazioni e quale dal tuo punto di vista non è stato capito dal mercato italiano?
RL: il C-Lab Notator è stato sicuramente il primo amore, perché è quello che ha lanciato la Midimusic.
Daniela Pfeiffer: tu pensa che il Notator era venduto a un prezzo intorno al milione di lire, e una cifra analoga occorreva per acquistare un Atari, quindi l’investimento era piuttosto importante, eppure riuscimmo a vendere circa 10.000 copie del software in Italia.
Roberto Lajolo: il prodotto che ritengo meno capito non solo in Italia, ma a livello mondiale è stato il Kore di Native Instruments, un trait d’union tra hardware e software, però troppo avanti per l’epoca. Se ci pensi, dei best seller tra i controller odierni di Native come le serie Komplete Kontrol o Maschine sono un’evoluzione di Kore, quindi l’esperienza insegna che da un errore di valutazione possono sempre nascere successivamente altri prodotti in grado di riscuotere il favore del pubblico.
La comunicazione
RG: hai sempre prestato molta attenzione ad iniziative ed eventi: quanto è importante oggi per Midimusic la comunicazione?
RL: il web consente oggi di attingere una gran mole di informazioni, ma dal mio punto di vista sempre sommariamente, senza mai andare a fondo nei contenuti. In Midimusic crediamo ancora che mettere a disposizione nei nostri eventi degli esperti con cui parlare a fondo delle caratteristiche dei prodotti faccia ancora la differenza. Oggi come agli esordi, trasmettere la tua passione agli appassionati – per me – è ancora importante. La partecipazione del pubblico ai nostri eventi ci dimostra che bisogna proseguire con impegno su questo percorso.
RG: sempre in termini di comunicazione, uno dei vostri fiori all’occhiello è l’assistenza post-vendita…
Daniela Pfeiffer: in tal senso, è giusto precisare che ci siamo circondati di collaboratori che lavorano con noi da oltre 20 anni: non uno staff, ma una grande famiglia con un unico obbiettivo riguardo al servizio alla clientela.
Roberto Lajolo: a tal proposito, un aneddoto: noi prendemmo la distribuzione di Opcode quando la C-Lab - divenuta nel frattempo Emagic – passò sotto il controllo di Apple. Tu non puoi immaginare quanti clienti migrarono da Logic a Studio Vision solo per non perdere la nostra assistenza! Sono episodi come questi a farti capire che stai lavorando bene con il supporto al cliente finale.
Insieme, guardando al futuro
RG: sempre insieme, a casa e sul lavoro: il segreto di questa convivenza?
Daniela Pfeiffer: il segreto è che ognuno di noi si è sempre occupato di un settore ben preciso, senza mai intralciare l’altro. Io ho sempre tenuto le relazioni con i nostri fornitori all’estero, mentre Roberto si è occupato dei prodotti e del mercato italiano. A volte usciamo insieme di casa la mattina e pur avendo gli uffici a pochi metri di distanza ci vediamo a fine giornata! Questo per me è il segreto della nostra convivenza lavorativa.
RG: Roberto, come vedi il futuro del settore?
RL: il mercato sta cambiando molto velocemente, e i cambiamenti spaventano sempre, perché mischiano le carte e ti obbligano a rivedere il tuo modus operandi. In questi anni nel settore abbiamo visto i grossi studi di registrazione scomparire – purtroppo – ma dall’altra parte crescere gli home e i project studio, quindi i margini se vogliamo non sono cambiati: l’importante è essere pronti ma soprattutto flessibili di fronte a certi cambiamenti.
RG: e il mercato online?
RL: oramai è dilagante, però noto che qualche grosso rivenditore – in netta controtendenza – sta aprendo anche dei retail fisici: ma allora si può ancora credere nella vendita diretta al pubblico? Questa secondo me è la sfida che ci troveremo a dover affrontare in tempi brevi.
RG: grazie a entrambi!
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