Forse molti non lo conosceranno, ma il ben più famoso Rasoio di Occam ha un principio fratello, che ne è quasi una conseguenza, il Rasoio di Hanlon: "Non attribuire mai alla malafede quel che si può ragionevolmente spiegare con la stupidità."
E perchè voglio iniziare questo articolo sull'educazione musicale con questa premessa? Perchè se il rasoio di Occam consiglia sempre la soluzione più semplice, la malafede prevede sicuramente un ragionamento ed una scelta razionale, mentre la stupidità è spesso figlia solo del disordine e della poca attitudine alla soluzione realistica dei problemi.
L'educazione musicale nelle scuole italiane, che ha una storia ormai più che centenaria con l'introduzione di alcune ore di canto addirittura alla fine del secolo XIX, è qualcosa che nella sua programmazione sfugge ad un normale ragionamento logico e che nella pratica produce risultati molto scarsi se non addirittura controproducenti, come ebbe a dire qualche tempo fa il maestro Morricone: "la musica nelle scuole è un disastro e basta flauti".
Ed il flauto dolce, questo strumento del tutto rispettabile che però ha una presenza limitatissima nel mondo della musica sia classica che moderna, è l'emblema di come la scuola italiana ha affrontato il problema. Sarebbe come se, per aumentare l'educazione stradale dei ragazzi, si dessero loro lezioni di monociclo.
Se da una parte qualcosa si è fatto per l'educazione musicale secondaria, nel 1999 con l'equiparazione universitaria dei Conservatori e nel 2008 con l'istituzione dei Licei Musicali-Coreutici, una grande confusione invece regna per tutti gli altri cicli scolastici e per la maggior parte quindi della popolazione in età scolare. Il concetto che la musica la debbano suonare e capire solo i musicisti, o coloro che vorrebbero farlo per professione, è non solo sbagliato ma anche disatteso in linea di principio dalle intenzioni dello Stato che nel suo Decreto Ministeriale 139/07 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo di istruzione” scrive esplicitamente: “A conclusione dell'obbligo di istruzione sono indispensabili la conoscenza degli elementi fondamentali per la lettura/ascolto delle opere musicali e delle principali forme di espressione artistica”.
E nella pratica cosa abbiamo? Abbiamo una didattica nelle scuole elementari che è divisa tra maestre costrette ad insegnare il flauto dolce senza avere una preparazione musicale adeguata, progetti musicali da un paio di ore settimanali che devono "far suonare" intere classi di bambini con un background musicale nullo con "maestri di musica" che non devono dimostrare alcuna capacità o titolo. Nelle scuole medie, credo non sia un segreto, c'è una buona parte di professori di musica che fanno questa scelta come approdo al sicuro dalle mareggiate dell'incerta vita da musicista in cui parcheggiare la nave. Una didattica vecchia, priva di persone, strutture e materiale necessario per renderla dignitosa.
Lo dico e non mi contraddico, l'unica cosa che salva l'educazione musicale in Italia sono quella frazione di bravi ed appassionati insegnanti che riescono a trasmettere l'amore per quest'arte, per il bello e per uno strumento di comunicazione straordinario che va ben oltre le canzonette. Ci tornerò in uno dei prossimi paragrafi, continuate a leggere.
Lo Stato non solo si contraddice nei termini e nella pratica, come dimostrato, ma continua ad umiliare professori d'orchestra e musicisti - "costretti" ad insegnare senza troppa voglia in classi numerose, demotivate e con strumentazioni antidiluviane - togliendo i finanziamenti alle orchestre, tassando la musica direttamente ed indirettamente, e permettendo che SIAE mantenga di fatto ancora un costosissimo monopolio che blocca possibilità ed iniziative private. Ma - oltre tutto - da segnali contrastanti che non permettono nemmeno il rilancio di un'industria violentemente colpita dalla crisi come quella degli strumenti musicali. Il Bonus Stradivari è stato annullato, un'iniziativa che speriamo di vedere nuovamente attiva e che aveva permesso sgravi importanti per gli studenti di musica che acquistavano uno strumento, e tutto il settore degli strumenti non vede riconosciuto il proprio contributo culturale nemmeno con l'inserimento degli strumenti in quei prodotti soggetti ad aliquota IVA al 10%. Pensate che un pianoforte o una chitarra del valore di 1,000€ sarebbero più economici del 12%, 120€ in meno.
Ed allora, proprio in questi giorni in cui sono appena ricominciate le scuole e in cui le scuole di musica stanno riaprendo i battenti, facciamolo un ragionamento più ampio su quello che la musica è e che porta, a livello di economia - per non parlare dei benefici che ha sull'educazione e sullo sviluppo più sano e corretto dei giovani ma questo è un altro discorso.
Il business della musica nei piccoli e medi locali in Italia vale oltre un miliardo di euro - 1,06 miliardi precisamente da dati SIAE - molto più dei 445 milioni fatturati dagli eventi live medio-grandi a pagamento. Questo tipo di eventi ha superato il numero ragguardevole di 726 mila.
La musica è uno dei vettori principali per i messaggi emozionali che arrivano da pubblicità, cinema, videogames, teatro, spettacoli, sonorizzazioni di video ed intrattenimento nelle aree pubbliche. Con una crescita molto interessante del settore soprattutto nel campo del settore gaming e sonorizzazione.
L'industria degli strumenti musicali nel nostro Paese fattura dai 300 ai 350 milioni e da lavoro a moltissimi esperti di musica e specialisti.
L'istruzione musicale non è solo quindi una spolverata di arte fine a se stessa ed alla conservazione museale delle opere del passato ma, per chi è motivato, una reale possibilità di lavoro e di creazione di valore economico. E per un Paese come il nostro che si fregia di avere un altissimo valore culturale aggiunto, non credo sia accettabile una situazione come quella attuale in cui tra istruzione di base ai minimi termini, difficoltà burocratiche enormi ed una tassazione soffocante, la figura del musicista sembra ancora relegata ad un ruolo folkloristico e marginale.