Dopo Yamaha DX7 e Korg M1, il team di Synth Legend propone un altro strumento iconico di quel fantastico periodo degli anni ottanta, in cui l’avvento del digitale rivoluzionò il mercato dei sintetizzatori.
D-50 fu un vero e proprio best seller per Roland, che grazie agli introiti derivanti dalle vendite di questo sintetizzatore poté investire espandendo le proprie attività oltre confine; l’acquisizione nel 1987 della SIEL divenuta in seguito Roland Europe in Italia è solo un esempio in tal senso.
Riguardo al Roland D-50, vi ripropongo un bel contenuto realizzato da Luca Pilla del 2017. Un articolo in cui Luca racconta non solo la genesi e le caratteristiche, ma anche il suo carattere sonoro e altre curiosità da non perdere. In questo link troverete infine la pagina sul sito Roland dedicata al D-50, e allestita nel 2017, in occasione del trentennale della sua commercializzazione. Oggi aggiorniamo anche qualche informazione e lascio la parola a Luca da qui in avanti.
Roland D-50 e anni '80
(di Luca Pilla)
Roland D-50 fu il sintetizzatore digitale che aprì una nuova strada nel mondo dei synth 37 anni fa, progettato da Tadao Kikumoto con un forte contributo di Eric Persing che, a quel tempo, si occupava della programmazione dei preset e dei suoni.
Alcuni di questi preset sono diventati letteralmente degli standard e, all'epoca, furono usatissimi nei dischi per dare nuovi colori al sintetizzatore. Chi ascoltava i pezzi americani di quegli anni, ma anche molti pezzi italiani, non può non aver sentito almeno il preset Fantasia o Calliope. Il successo fu immediato e diede vita a una miriadi di altre implementazioni della sintesi LA, ma in tono ridotto rispetto all'ammiraglia: Roland D-20 con floppy disk drive e sequencer, Roland D-10, Roland D-5 e il piccolo Roland MT32. D-50 rimase in produzione fino al 1990.
Roland D-50 era un sintetizzatore basato sulla nuova sintesi LA (Linear Arithmetic) che combinava, nel dominio digitale, una Wavetable campionata in PCM e un generatore digitale di forme d'onda con filtri digitali in sintesi sottrattiva. L'idea non era del tutto originale: essa derivava filologicamente dal leggendario PPG Wave, che aveva una Wavetable campionata a cui seguivano però filtri analogici. Il prezzo altissimo del PPG e una delle peggiori interfacce utente di sempre, relegavano il synth tedesco nato qualche anno prima del D-50 a pochi musicisti ricchi e cocciuti.
Quando arrivò il D-50 fu un fulmine a ciel sereno per tutti i musicisti, per la capacità di fornire un timbro molto caratteristico. Roland decise, a differenza del PPG, di implementare un concetto di sintesi differente dalla semplice lettura e modulazione di una wavetable: poiché ogni suono è composto da una parte di attacco molto caratteristica e una parte successiva più facilmente imitabile con classiche forme d'onda, il D-50 doveva contenere una Wavetable con le singole parti d'attacco e combinarsi con un'altra porzione del suono che non necessariamente doveva basarsi su campioni.
La sintesi impiegava quattro oscillatori digitali, che potevano attingere dalla Wavetable in PCM o dal generatore di forme d'onda digitale interno. Roland scelse di strutturare da quel momento i suoi synth digitali secondo una logica semplice: il timbro è composto da due Tone, uno Upper e uno Lower, che possono essere combinati tra loro in split, in dual (entrambi distribuiti su tutte le note) oppure singolarmente (solo). Il concetto era stato esplorato appena un anno prima, ma limitatamente, con Super-JX e MKS70, con due Tone per patch basati su DCO e filtro analogico con HPF, ognuno con i propri parametri di sintesi.
Ogni Tone si compone di due Partial, ognuno dei quali è una catena di sintesi completa di oscillatore, filtro digitale e amplificatore, con il limite che solo i parziali che impiegano il generatore di forme d'onda digitale interno possono usare il filtro. I parziali che usano un campione PCM non hanno a disposizione il filtro. Per rendere più ricche le forme d'onda digitali era previsto anche un Ring Modulator. Erano disponibili fino a sette strutture per combinare i due parziali, riportate su pannello. Yamaha DX7 aveva insegnato a tutti quanto fossero attraenti i grafici su pannello!
Il filtro LPF in digitale (TVF) aveva un inviluppo dedicato, come anche l'amplificatore (TVA). Presente un semplice equalizzatore. Naturalmente c'erano tutte le modulazioni che possiamo immaginare in digitale, come gli LFO e l'inviluppo sul pitch, e il modello a tastiera D-50 era provvisto di un piccolo joystick per il controllo dei parziali.
All'epoca non c'era Internet, ma uscì un libro molto interessante su tutti i segreti della programmazione: Roland D-50 Book è oggi disponibile in download per tutti. Un ottimo punto di partenza per esplorare il mondo di Roland D-50 è la pagina di TheKyotoConnection.
Un ulteriore aiuto al successo di Roland D-50 arrivò grazie al riverbero e al chorus già inclusi nel sintetizzatore che, a quel tempo dominato da Yamaha DX7, fu un grande cambiamento in fatto di timbri già pronti per l'uso. Il risultato finale erano dei preset che non erano né troppo digitali, né troppo analogici. Un cambio di direzione importante.
La programmazione di Roland D-50 poteva avvenire direttamente da pannello, grazie al display a due righe retroilluminato e ai pulsanti per richiamare le pagine e i parametri, ma Roland non si fermò qua: progettò e commercializzò un Programmer esterno, il PG-1000, con tutti i parametri del sintetizzatore. Esattamente come accadde per l'MKS-80 e il suo programmer esterno MPG-80, anche il PG-1000 è oggi ricercatissimo da chi vuole un sistema completo e pronto alla programmazione. Per inciso, il display di Roland D-50 oggi tende a essere poco illuminato, ma poco male! C'è la possibilità di cambiarlo con uno splendido display OLED, con eccellenti risultati estetici. Noi lo abbiamo inserito nel nostro D550 MEX ed è favoloso, anche se un po' costoso. Lo potete vedere anche nel video alla fine dell'articolo.
Assieme alla versione a tastiera, giunse qualche mese più tardi anche l'expander a due unità Roland D-550, autonomo nella programmazione ma molto più facile da domare usando il PG-1000. Non furono però tutte rose e fiori: la CPU del D-50 e del D-550 subì diversi upgrade nel tempo, perché troppo lenta nello smistare i dati in arrivo via MIDI: se comprate un D-50 o un D-550 verificate prima se è sufficientemente veloce nel reagire ai dati al MIDI IN per le note, o le perderete letteralmente per strada.
Questi problemi, e la richiesta di una maggiore flessibilità per alcuni parametri, portarono allo sviluppo della scheda indipendente Musitronics M-EX che aggiungeva diverse funzioni MIDI, compresa la possibilità di usare un D-50 in modalità multitimbrica a otto parti, per un totale di 42 nuovi parametri e 10 nuove pagine di display. L'accoppiata D-50/D-550 con scheda M-EX e PG-1000 è il massimo della vita per la programmazione di questo synth vecchio ormai di quasi 40 anni e, di conseguenza, con tutti i problemi di manutenzione elettronica e meccanica che si possono incontrare.
La storia di Roland D-50 non si fermò però ai capostipiti: nel 2003 Roland introdusse il V-Synth e poco dopo una card VC-1 che, inserita nel V-Synth, riproduceva fedelmente il D-50 e la sua programmazione sul più potente display touch screen del V-Synth. Erano state previste anche due modalità operative: una più moderna che usava appieno la potenza dei convertitori del V-Synth, e una introduceva anche i difetti di aliasing e i difetti dell'elettronica.
L'emulazione del D-50 della card VC-1 fu preinstallata sulla versione rack del V-Synth, chiamato V-Synh XT, ed era disponibile anche sul meno noto VariOS, un rack che introduceva un concetto potenzialmente rivoluzionario per l'epoca: caricare in software l'emulazione dei synth di Roland del passato. Il VariOS nasceva con le emulazioni di Juno, Jupiter e TB-303, ma l'uso della card VC-1 lo trasformava in un Roland D-50 da programmare via software. Vi suggerisce qualcosa in tempi di DCB ed espansioni Fantom?
Sono passati molti anni da allora, e oggi Roland D-50 rivive nel D-05, una ricreazione perfetta del primo D-50 basata sulla tecnologia DCB (Digital Circuit Behavior) sviluppata da Roland per ricreare, in virtuale usando i DSP, tutte le caratteristiche dei circuiti originali. Il D-05 include tutti i preset del modello originale e la struttura di sintesi, aggiungendo un sequencer polifonico a 64 step e un arpeggiatore, costruzione in metallo, alimentazione da batterie o via USB e piena compatibilità con tutti gli accessori della serie Boutique di Roland.
Oggi il D-50 è parte di Roland Cloud ed è stato virtualizzato, non solo come aspetto ma anche come editor, con più funzioni e una maggiore facilità di programmazione.
C'è tuttavia da tener conto di un dato importante: i convertitori e la sezione digitale di D-50 erano allineati con la tecnologia degli anni '80, per cui la virtualizzazione risentirà sempre dell'interfaccia audio in uso, anche se i timbri sono praticamente identici a quelli dell'unità hardware.
Roland D-50: il suono
Al termine di questa breve introduzione al mondo del D-50, non rimane che parlare del suono, visto in chiave di produzione moderna: usando solo la parte di generazione digitale delle forme d'onda, è possibile ottenere dei timbri molto ricchi di armoniche, adatti a Lead e Pad per il rock, ma anche per interventi in EDM e Dance in genere.
Non appena si introduce il filtro arriva la magia: non c'è un filtro analogico o digitale che suoni come quello del Roland D-50. La sua imperfezione digitale, con caratteristiche timbriche mai spiacevoli, ha un suono nasale e adattissimo a pad molto avvolgenti o timbri evolutivi. Il carattere del riverbero, molto elettronico e monodimensionale, è parte integrante del suono e riporta alla musica elettronica di fine anni '80 nel senso migliore del termine. Se avete Spotify, non farete fatica a trovare playlist dedicate al D-50.
Il timbro è sempre caldo, mai tagliente o con artefatti fastidiosi, piuttosto chiuso sulle frequenze più alte ma adatto a inserirsi nel mix. Programmarlo oggi, con le necessità moderne del suono, può riservare molte sorprese positive, soprattutto nella sezione di generazione delle forme d'onda e del filtro. I preset sono ancora riconoscibili da chi ha più di 40 anni, ma per le più giovani orecchie potrebbero sorprendere.
Roland ha dedicato una pagina al D-50 per il suo anniversario, ricca di informazioni e video interviste, e anche un post sul suo blog sui pezzi più famosi dove è stato usato il D-50.
Comprare un Roland D-50/D550 usato
C'è l'imbarazzo della scelta, quando si vogliono avere i suoni del D-50 in studio. La soluzione più moderna, per salvare spazio, è Roland Cloud, ma a noi piace mettere le mani sopra i controller. Il piccolo D-05... è veramente troppo piccolo, ma anche questo può essere un vantaggio per chi ha poco spazio. Inoltre il D-05 è indistinguibile, per tantissimi tastieristi, dal vecchio D-50.
Il tastierista che volesse invece procedere all'acquisto di un D-50, oggi ha ampie possibilità: Roland ne ha venduti migliaia, quindi non è difficile trovarlo sull'usato e in ottime condizione anche intorno ai 200 Euro, in Italia, mentre un'occhiata al solito Reverb, che mostra sempre prezzi più alti del reale, lo pone tra i 450 e gli 800 €. Quale che sia la vostra scelta, dato che è ancora disponibile per meno di 100 Euro l'espansione di Musictronics, ha poco senso cercare la versione espansa. Meglio dedicarsi a qualche piccola manutenzione: inserimento della scheda Musictronics, cambio della batteria interna e nuovo display OLED. Se il costo dell'OLED è troppo alto, nulla vieta di cambiare il pannello retroilluminato che costa molto meno, ma richiede più mano d'opera, dissaltatore e saldatore. E' una buona idea cambiare anche i condensatori dell'alimentatore.
Si trovano ancora i pezzi di ricambio della meccanica di tastiera, che per inciso era molto più leggera come tocco, con un aftertouch difficile da gestire, rispetto a quella del DX-7.
Oltre al PG-1000, che continua a essere il miglior controller esterno di D-50, ci sono anche altre alternative ma, forse, l'idea migliore è di usare un editor su iPad. Quale che sia la vostra intenzione, D-50 continua a essere supportato da produttore indipendenti, anche per alcune modifiche del firmware (di cui non ci prendiamo la responsabilità per i risultati).
Roland D-50 – Dal Blog di Giorgio Marinangeli
Come di consueto, Giorgio nel suo approfondimento tecnico “apre il cofano” del Roland D-50 per darvi una descrizione completa non solo delle caratteristiche, ma anche dell’architettura interna. Ecco un estratto del suo articolo.
“Gli ingegneri di Roland partirono probabilmente dal fatto che l’orecchio umano riconosce e identifica un suono principalmente dal suo attacco: bastano solo pochi millisecondi di suono reale per essere identificato come credibile e convincente. La sua evoluzione nel tempo ha sì una sua importanza ma questa, poteva essere comunque simulata anche con le tecniche analogiche tradizionali. Da questa semplice intuizione, il team di Roland creò una nuova tecnologia e una serie di nuovi chip, in grado di combinare un tradizionale sistema sintetizzatore analogico (generato però per via numerica e digitale) con un riproduttore di forme d'onda campionate: la sintesi Lineare Aritmetica appunto. Questa tecnica ha consentito risultati incredibilmente realistici utilizzando pochissima ROM che ai tempi era ancora molto costosa e pertanto poco usata.”
LEGGI QUI L'ARTICOLO COMPLETO
Roland D-50 – Il video a cura di Marcello Colò
Oltre sei minuti di demo del D-50 dove Marcello si è sbizzarrito stratificando diverse timbriche storiche del synth giapponese, con sezione ritmica esterna a supporto. Buona visione!
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