Poche cose in Italia sono ancora un certezza cartesiana: le tasse troppo alte, i programmi di cucina, la nostra incrollabile capacità di remare controcorrente ed il Festival di Sanremo. Tralasciando gli altri elementi di questa piccola lista, che sicuramente non traumatizzeranno le nostre vite nelle prossime settimane data l'ampia resistenza italica alle difficoltà - a dire il vero quest'ultima potrebbe essa stessa essere inclusa nella lista - possiamo sicuramente dire che da qui al 5 febbraio l'argomento più discusso nel nostro inconciliabile Paese sarà l'annuale Festival della Canzone Italiana.
Ma prepariamoci, il climax inarrestabile procederà come al solito prima lentamente, poi in un crescendo di gossip, proteste e finti scandali si coagulerà in un corpo mastodontico e pesantissimo tanto da oscurare il sole e occupare tutto lo spazio mediatico per cinque detestabili giorni; infine un giorno dopo l'annunciazione sacrale del prescelto si sgretolerà implodendo come un vulcano sottomarino di cui nessuno riuscirà nemmeno più a ricordare il nome.
Quest'anno però c'è qualche motivo in più per parlare del Festival. Ci dicono sempre che siamo il fanalino d'Europa, il fanalino del G20, il fanalino di qualunque ma pur sempre in coda. La sindrome del fanalino deve averci intaccato profondamente anche in ambito musicale. Non siamo mai riusciti a dettare legge, fasti del passato remoto esclusi, inseguendo sempre questa o quella corrente a qualche lunghezza di distanza. Lo abbiamo fatto con il rock, con il pop, con il jazz e ora anche con l'hip-hop.
Da qualche anno ci sono stati timidi, e non particolarmente memorabili, tentativi di inserire la corrente hip-hop a Sanremo, il genere che ora come ora domina nel music business, arrivato alla piena maturità.
Quest'anno però Baglioni e compagnia hanno deciso di puntare in modo più esplicito su questo filone ed affini con rapper come Ghemon, Livio Cori (che farà duetto con Nino D'Angelo), Shade (con Federica Carta) e persino Achille Lauro, esponente del tanto discusso movimento trap.
C'è molta curiosità da parte mia nel vedere come questi artisti riusciranno ad incastrarsi nel mondo sanremese, dove anche gli artisti più trasgressivi rischiano di trasformarsi in tigri di carta. La trasgressione e l'andare fuori dagli schemi al Festival non possono essere variabili sconosciute, devono rientrare nei binari del previsto e dell'opportuno, che mal si sposano con chi vuole provocare ed andare contro 'il sistema'.
L'altro fenomeno interessante di questa edizione è la quota notevole riservata alla musica indipendente. Componente parallela e spesso invisibile del panorama musicale italiano, la 'indie' ha prodotto negli anni anche gruppi molto forti e di successo come The Giornalisti, Levante, Calcutta e Lo Stato Sociale. Nessuno di questi, poichè probabilmente non ne hanno - più o ancora - bisogno, ha rischiato l'avventura sanremese quest'anno, ma troviamo gruppi e artisti indie anche di grande esperienza come Boomdabash, che ballano tra reggae, hip-hop e pop commerciale, gli Ex-Otago, con tutta la loro esperienza di oltre 16 anni di palchi, e gli Zen Circus, che addirittura compiono ben 25 anni attività, sono al decimo album ed arrivano sotto i riflettori che contano da esordienti con più esperienza di molti degli altri partecipanti.
La musica indipendente è in Italia come la materia oscura, si sa che esiste e che è importante per il bilancio generale del movimento musicale italiano ma fino ad ora si era sempre deciso di non investirci poichè, proprio per la sua natura anarchica e disomogenea, è difficile da aggregare ed utilizzare a fini economici. Se questo Sanremo indica un cambiamento nei pesi e nelle misure che la televisione ed i media tradizionali applicano alla musica, ne sono contento. Sono però abbastanza convinto che questo cambiamento derivi più da una debolezza crescente di questi media e delle case discografiche tradizionali, messe un po' all'angolo dai new-media e da social. E' difficile infatti oggi trascurare numeri così visibili come quelli che questi artisti hanno raggiunto su YouTube, Facebook, Instagram e via dicendo. E allora le porte che prima venivano chiuse e sbattute in faccia ora si aprono come per magia per partecipare a questo banchetto, ora che si è scoperto che c'è molto da mangiare anche là fuori.
E si vedrà dai risultati se sarà stata solo una razzia momentanea al di fuori del palazzo oppure se si ha davvero intenzione di lasciare aperte quelle porte.
Il trend, che ormai è divenuta un'abitudine consolidata ed una catena di trasmissione cortissima, è il passaggio degli artisti dai talent a Sanremo. Ricordiamo che già nel 2008 Marco Carta vinceva ad Amici e l'anno dopo si ritrovava trionfatore 'inatteso' del Festival. Passati dieci anni i talent continuano ad essere un grande bacino di pesca e di ascoltatori per Sanremo. Quest'anno arrivano sul palcoscenico dell'Ariston: Einar, terzo ad Amici e vincitore di Sanremo Giovani; Enrico Nigiotti, campione di talent con partecipazioni sia ad Amici che X-Factor; Federica Carta, seconda ad Amici 16, in coppia con Shade, vincitore del talent hip-hop MTV Spit; Il Volo, usciti e creati dal talent Rai "Ti Lascio Una Canzone"; Irama, vincitore di Amici 17.
Più che una gara tra canzoni questa edizione potremmo viverla come una gara tra correnti, e trovarci il giorno dopo la fine del Festival a commentare cosa sarà successo: qualcosa di nuovo o semplicemente qualcosa.