Perchè i plug-in, i cloni e le riedizioni dei classici synth spingono ancora più in alto il prezzo dell’originale? Scopriamo cosa si nasconde dietro al mercato del vintage.
Da ormai alcuni anni stiamo vivendo un periodo d’oro per i sintetizzatori analogici e digitali: quasi ogni mese c’è una riedizione di un vecchio synth, mentre si sprecano le emulazioni software che vanno dall’eccellente Arturia V Collection a prodotti più di nicchia e dedicati ai synth meno conosciuti.
Sintetizzatore vintage: panoramica
Behringer continua a sfornare sintetizzatori analogici basati anche sullo stesso circuito, come il Pro-One, la versione rivista del Minimoog con Poly-D a quattro oscillatori, la batteria elettronica RD-8, la Bassline TD-3 e recentemente il 2600 a prezzi incredibili. Non è la sola: anche Korg prosegue, sul lato opposto del prezzo, nelle riedizioni di classici di Arp come Odyssey e 2600, ovviamente con una qualità costruttiva che si suppone migliore di un prodotto Made in China. Moog, dopo aver introdotto Voyager, si è dedicato alla riedizione del Minimoog con risultati perfetti, spostandosi poi sul mostruoso Moog One, inteso come proseguimento del primo Memorymoog o, forse meglio, come la punta di diamante dei synth polifonici analogici americani.
A entrare nel club delle riedizioni è tornata Sequential Circuits con il suo Prophet 5, con doppia modalità per emulare un Rev2 o un Rev3, anche nella scelta del filtro. L’ultima novità arriva da Tom Oberheim che ha annunciato un nuovo lotto di produzione di TVS Pro, cioè due SEM e una tastiera. Per chi sogna, è il ritorno di uno dei moduli analogici monofonici più caratteristici di sempre, in forma di synth duofonico, per chi è più realista potrebbe essere un tentativo di riappropriarsi del nome dopo che Behringer ha registrato il marchio e il logo per il prossimo UB-XA. E' infattti di pochi giorni fa la notizia che Music Tribe non è riuscita a registrare il marchio Oberheim, perchè Tom Oberheim è in vita ed è riconosciuto da tutti per i sintetizzatori. Behringer ha tempo sei mesi per produrre una controperizia circa la sua richiesta di registrare logo e nomi. I beta tester dei primi UB-Xa, con logo Oberheim, ora hanno in mano un synth da collezione, perché è così che gira il mondo! Nel frattempo anche Dave Smith, tramite Sequential Circuits, ha richiesto la registrazione del nome OB-X, ma dovrebbe trattarsi di una collaborazione diretta con Tom Oberheim come già accaduto per OB-6.
Un classico intramontabile
Qualunque sia la storia dietro a queste riedizioni, ci sono voluti più di trent’anni per capire che alcuni sintetizzatori non sono solo iconici, ma sono strumenti musicali unici che, nel tempo, sono diventati classici intramontabili, vuoi per la qualità del suono, vuoi per l’interfaccia che spinge a comportarci diversamente di fronte a uno slider o a un encoder.
Queste tendenze si sono sovrapposte alla rivoluzione dei plug-in e dei virtual instruments, che da più di vent’anni hanno coperto lo scibile dei sintetizzatori vintage e digitali. Se tra le migliori emulazioni troviamo Arturia V Collection, ma soprattutto il lavoro fantastico di Roland prima con i plug-out di System 8, poi con le riedizioni Boutique come quella di JU-06, e infine con i Model Bank per Fantom e Jupiter XM, come l’ultimo dedicato al JD 800.
Il musicista che utilizza questi sintetizzatori per il suo lavoro non può che essere contento: oggi con un investimento ridotto può avere a disposizione decine di sintetizzatori del passato con un timbro più che adeguato alle produzioni moderne, senza temere per l’investimento. È uno dei periodi più felici per chi ama il suono elettronico. L’uomo di strada potrebbe pensare che con tutti questi cloni, riedizioni e plug-in e modelli, il prezzo dei sintetizzatori usati sia in crollo. E qui casca l’asino! Non è affatto così.
Valore del vintage
Chi ha in casa una collezione di sintetizzatori analogici di classe farà meglio a tenersela. Si sta verificando infatti uno scollamento tra il valore oggettivo del sintetizzatore, alcuni dei quali disponibili in versione clonata moderna ma quasi tutti in versione software, e il valore di vendita. Stiamo entrando in una nuova maturità del mercato che ha trasformato i sintetizzatori in oggetti di design e da collezione. I casi che dimostrano questo teorema si sprecano: il nuovo Prophet-5 non ha portato alla riduzione del prezzo dell’originale, i Minimoog degli anni ‘70 mantengono il loro prezzo così come l’ARP Odyssey originale o il più raro 2600. Semmai è accaduto che chi aveva in studio il vintage ha deciso di non venderlo, riducendo ulteriormente la disponibilità sul mercato dell’usato.
Non tutto il vintage però sembra avere un valore collezionistico. Possiamo riconoscere alcuni aspetti che rendono un synth più appetibile di un altro. Il primo, e forse anche il più interessante, sono le dimensioni: tutti i sintetizzatori polifonici analogici di alto prezzo hanno in comune le dimensioni, che sono sempre fuori misura rispetto a sintetizzatori recenti. Se oggi possiamo condensare su un tavolo un’incredibile quantità di moduli e di sintesi, il vintage polifonico richiede spazio, molto spazio. Moog Memorymoog, Oberheim Matrix 12 e OB-Xa, Roland Jupiter 8, Rhodes Chroma, PPG Wave 2.3, Elka Synthex sono tutti esempi di grandi dimensioni oltre che di bellezza estetica, altro concetto importante. Il design industriale è diventato a sua volta iconico e i synth polifonici, forse non del tutto per caso, hanno un design molto particolare e unico, sicuramente bello come il Minimoog, che fa subito ambiente creativo ovunque lo si metta.
La manutenzione
Non mi soffermerò sulle difficoltà di manutenzione, soprattutto per parti uniche o per la gestione dei condensatori ormai tutti da cambiare e della batteria interna, ma rimane un dato di fatto che stanno aumentando le possibilità di riabilitare questi mostri sacri con nuove schede, nuovi componenti moderni e, più di una volta come nel caso di Rhodes Chroma, con veri e propri trapianti di sezione digitale di controllo e alimentazione, legati a nuove funzioni. Se qualche anno fa comprare un analogico sembrava una follia in termini di manutenzione, oggi è più facile trovare alternative ai componenti e modifiche moderne.
Il collezionista
Il vero collezionista, però, non è colui che investe in sintetizzatori analogici per il gusto di averli, ma conosce alla perfezione anche la pasta sonora di queste macchine. A parte le versioni digitali di Roland, molti cloni e ricreazioni software riescono a coprire quasi il 100% del suono originale, ma non arrivano a quelle discrepanze minime che, in fase di programmazione e di esecuzione, rendono il synth uno strumento musicale unico nel suo genere e inimitabile. Se però parliamo di produzione musicale, la differenza può essere minima soprattutto per l’incapacità del pubblico di cogliere queste differenze e, purtroppo, per l’ascolto sempre meno Hi Fi e sempre più cuffietta.
Comprare vintage, inoltre, richiede molti approfondimenti: ci sono versioni firmware che vanno aggiornate, versioni hardware differenti che possono influire sul valore (un Minimoog con schede voci della seconda revisione vale di più di un Minimoog dell’ultima serie) ed è sempre in agguato qualche difetto nascosto. Malgrado questi rischi, anche comprare un vintage non funzionante può essere in investimento vendendolo a pezzi, fino a che non ci sarà qualcuno che sarà in grado di riprodurre schede, manopole, slider, pulsanti, chassis e colori identici all’originale. Non ci siamo molto lontani: le stampanti 3D potrebbero risolvere questo problema. Provate a vendere a pezzi un Roland Jupter-8 e potreste scoprire di averci guadagnato di più che non vendendolo intero!
Poche fortunate persone possono dare giudizi sulla qualità del suono di sintetizzatori vintage, perché ci vuole una esperienza diretta che comprenda l’ascolto, la programmazione e la performance musicale. Un sintetizzatore non è solo un suono particolare, è un organismo vivente per fare musica e il suo cervello è il nostro. Moltissime persone straparlano di pasta sonora senza aver mai provato più synth analogici o digitali, spesso accodandosi all’opinione comune. Per chi scrive, per esempio, Oberheim OB-Mx potenziato a 12 voci è uno dei synth più selvaggi e potenti della storia, eppure l’opinione comune è che sia stato un fallimento. Infine c’è il valore affettivo e su questo non si può discutere: potreste trovare un Memorymoog a 15.000 euro solo perché è stato il primo synth posseduto di chi lo vende.
Le quotazioni del vintage
E il prezzo? Dopo tutte queste considerazioni, non rimane spazio per criticare il prezzo. Come su ogni mercato maturo, potete trovare occasioni incredibili e prezzi stellari per la stessa macchina, perché in questi anni sono diventati oggetto di collezione con un valore aggiunto per tutto ciò che abbiamo scritto. Criticare chi vende un Jupiter-8 a 20.000 euro è una gran perdita di tempo. Può darsi che ci sia il compratore o che rimanga invenduto per sempre. Ognuno può vendere al prezzo che vuole, sarà poi il mercato a decidere se quel prezzo è corretto o meno. Di sicuro, nei prossimi anni molti sintetizzatori continueranno la loro corsa verso nuovi record, indipendentemente dal fatto che esista un software, un clone o una riedizione. Tutto sta a decidere se si vuole suonare e divertirsi o se si vede all’orizzonte un investimento per il futuro. E non è mai stato così facile suonare, programmare e divertirsi con pochi euro come in questi ultimi anni!