Era poco meno di un anno fa, a fine gennaio 2021, quando scrivevo QUESTO ARTICOLO in cui parlavo della notizia della vendita dell'intero catalogo di Bob Dylan alla Universal per 300 milioni di dollari. Oltre 600 canzoni che il cantautore americano ha in 60 anni di carriera verranno quindi gestite e sfruttate commercialmente non più dallo stesso Dylan, o dai suoi eredi, ma dalla big company discografica. Questo è essenzialmente il significato della vendita di un catalogo.
Ma la notizia non era solo di Bob Dylan, perchè una serie di cataloghi molto importanti erano già stati venduti nel 2020 ed altri hanno seguito la stessa traiettoria nel 2021, confermando un trend da molti ravvisato e che nel mio articolo provavo a spiegare in più punti.
A Dylan ed i molti altri citati nell'articolo ora si è aggiunto anche un altro super big come Bruce Springsteen, che a 72 anni ha deciso di vendere il suo intero catalogo di 20 album in studio a Sony per la cifra record di 500 milioni di dollari.
E la battaglia tra le major continua, con i repertori di David Bowie e Blondie venduti dagli eredi, così come parte di quello di Prince, ceduto al fondo Primary Wave da tre dei sei fratelli e sorelle dell'artista funk recentemente scomparso. Universal Music Group pare sia in stato avanzato di trattativa con Sting per l'acquisizione del catalogo dell'eclettico musicista inglese per una cifra che si aggirerebbe attorno ai 250 milioni di dollari.
Una pioggia di milioni per questi grandi artisti che, nonostante abbiano già patrimoni multi-milionari, preferiscono una lauta buona uscita cash piuttosto che riscuotere i diritti annuali e poi lasciare l'incombenza della gestione ai propri eredi. Le motivazioni possono essere molte, le agevolazioni fiscali introdotte tra Trump sicuramente ne sono una ed il fatto che probabilmente la competizione tra major e fondi speculativi ha innescato una bolla dei diritti musicali è un altro fattore importante. Tuttavia la musica per questi artisti è il patrimonio di una vita, e cederne lo sfruttamento vuole dire lasciare ad altri la possibilità di sfruttare il nome e la propria produzione artistica. Una cosa di cui molti artisti, i Beatles per primi, si sono pentiti in passato.
Questi big che, superati i 70 anni, decidono di vendere il proprio catalogo però sono probabilmente mossi anche da ciò che è successo ad altri artisti che non hanno deciso preventivamente come gestire la propria eredità, ed hanno lasciato a familiari inesperti l'incombenza di gestire patrimoni e rendite milionarie. E' il caso di Prince, di Frank Zappa, di Jimi Hendrix e tanti altri che hanno visto la loro produzione artistica spesso smembrata o svalutata dopo la morte a causa di liti, azioni legali, decisioni sbagliate e chi più ne ha più ne metta.
Facendo qualche numero, il catalogo di Bruce Springsteen attualmente frutta circa 15 milioni l'anno. Se continuasse a rendere così per raccogliere 500 milioni ci vorranno 33 anni. E' abbastanza questionabile se nel 2054 le canzoni di Bruce Springsteen saranno ascoltate tanto quanto oggi. O magari lo saranno di più. Più probabilmente Universal punta a massimizzare i ricavi aumentando lo sfruttamento del catalogo nei prossimi anni. Basti pensare all'operazione fatta con il film We Will Rock dei Queen, che ha fatto schizzare gli stream della band inglese ancora più in alto.
Di fatto è un investimento a rischio che dipenderà molto anche dall'evoluzione della fruizione della musica, e negli ultimi 30 anni di evoluzioni ce ne sono state eccome. Difficile prevedere.
Ma se ci sono artisti che vendono volontariamente le loro canzoni, ci sono anche casi limite in cui artisti anche giovani vedono il loro catalogo venduto contro la loro volontà. E' il caso di Taylor Swift, il cui precedente manager Scooter Braun, che possedeva i diritti dei suoi primi album, ha venduto a Shamrock Holdings il 100% dei diritti di sfruttamento per 300 milioni. Visto l'enorme successo dell'artista americana Shamrock avrà pensato di aver fatto un affare. Peccato che Taylor Swift se la sia decisamente legata al dito ed abbia deciso di ri-registrare nei prossimi anni tutti quei sei dischi con nuovi arrangiamenti. E' perfettamente legale, poichè un'artista può cedere lo sfruttamento e i diritti (i master per intenderci) ma nessuno potrà mai toglierle la proprietà intellettuale di qualcosa scritto da lei, con la possibilità quindi di eseguirli quando vuole o registrare delle nuove versioni.
Questo inevitabilmente farà crollare il valore del precedente catalogo, poichè è probabile che gli ascoltatori preferiranno le versioni recenti e approvate dall'artista.
Uno scenario in grande cambiamento quello della musica, in cui le piattaforme di streaming la fanno da padrone da un lato e le major ed i fondi speculativi investono miliardi per accaparrarsi quanti più cataloghi possibile. E' probabile che ci saranno altri colpi di scena nel prossimo futuro, ma anche che nuove tecnologie in arrivo, come NFT e block-chain, possano spostare la bilancia rapidamente da una parte o dall'altra.