Iniziando questa serie di articoli dedicati ogni mese ad un chitarrista mitico ci sono stati subito dei musicisti che mi sono venuti in mente chiari e definiti fin dal primo momento. Sono quei chitarristi, magari anche molto complessi nella loro carriera artistica, che però sono identificabili senza dubbio con pochi elementi costanti nella loro carriera. Pensiamo a Brian May o a Tony Iommi, solo per citarne due dei più recenti. Il nostro chitarrista del mese, il grande Steve Lukather fondatore e leader della band di fama mondiale Toto, è invece uno di quei musicisti che hanno realizzato la propria idea di suono attraverso una miriade di soluzioni diverse durante la propria carriera. Ovviamente ci sono dei filoni comuni che ci permettono di seguire e riassumere la sua strumentazione più a livello concettuale che cronologico, così da raccontarlo proprio per quello che è: un musicista eclettico, funzionale e raramente fine a se stesso.
LA MENTALITA' DEL SESSION MAN VINCENTE
Una delle cose più complicate nel descrivere Steve Lukather è cercare di incasellarlo in un genere o in una sonorità. E probabilmente è proprio un esercizio da evitare, perchè Steve oltre che essere chitarrista solista e fondatore dei Toto è anche un eccezionale session man. Sono davvero innumerevoli i suoi contributi a dischi di altri musicisti (qui potete consultare la sua impressionante discografia completa) e proprio questa mentalità da turnista di classe lo rende uno dei chitarristi più versatili sulla piazza, in grado di adattare il suo suono come pochi altri, cambiando strumentazione e stile come le camice.
Non potendo ovviamente scrivere un libro su Lukather, e ne potete trovare diversi, mi limiterò qui a parlare della sua filosofia del suono e strumentazione - e nemmeno tutta - utilizzata nei suoi lavori più noti con i Toto e da solista.
Questa predisposizione a mettere la propria chitarra al servizio della musica anche di altri è però un fattore che ritroviamo anche nelle sue composizioni. Lukather è infatti un chitarrista che potrebbe tranquillamente suonare qualsiasi strumento al posto della chitarra. Le sei corde sono solo la sua estensione musicale ma la sua mente pensa da compositore e inserisce la chitarra in un contesto più ampio di quello di una classica rock band. Di sicuro il suo background è quello rock-blues, ma il fatto di rendere spesso meno preponderante il suo strumento in funzione del bilanciamento della composizione rende l'idea di come possa ragionare anche in fatto di suoni. Questo è anche uno dei motivi della grande varietà di strumenti, amplificatori ed effetti utilizzati nel tempo dal buon Steve.
VERSATILITA' E CARATTERE
Dal punto di vista della chitarra potremmo tracciare una traiettoria negli strumenti di Lukather che va dal primo periodo - fine anni '70 - con le Gibson Les Paul, passando per le Valley Arts nei primi anni '80 e quindi arrivando nel 1994 al suo endorsement storico con Music Man, chitarre che utilizza ancora oggi nonostante diversi cambiamenti fatti dal primo modello.
Non credo ci sia bisogno di parlare del classico ed inconfondibile sound della Les Paul. L'esempio che si fa sempre in questi casi del connubio di Lukather con questa chitarra è l'assolo di "Hold The Line", pezzo incredibilmente ispirato datato 1978. Se lo ascoltate nel disco potete sentire il suono molto morbido con una saturazione calda ed aggressiva che esalta i bending ed il sustain. A Steve piaceva la capacità di questa chitarra di non essere mai troppo tagliente e di sposarsi con l'arrangiamento molto avvolgente in stile Toto.
Le Valley Arts invece erano chitarre costruite da Mike McGuire che Lukather iniziò già ad utilizzare alla fine degli anni '70 ma che poi utilizzò in esclusiva come endorser dal 1984 fino al 1994. Può sembrare un cambio copernicano, visto che la scelta di Steve fu di avere una chitarra simil-Strato, tuttavia le sue specifiche fecero si che queste chitarre fossero solo in apparenza delle Strato. I pickup attivi EMG SASA ed il ponte Floyd Rose ci spostano su di uno strumento adatto davvero a fare tutto ed a reagire con rapidità fulminea ed espressività alla tecnica sopraffina ed alle necessità timbriche molto ampie del Lukather anni '80.
Valley Arts gli costruì sia un modello a scala corta, 24.75" tipo Gibson, che uno a scala lunga tipo Fender da 25.50" entrambi a 24 tasti però, per sfruttare tutte le due ottave agevolmente.
Il passaggio a Music Man fu per Steve il modo di associarsi ad un grande brand che gli assicurasse una maggiore produzione in serie e probabilmente anche delle condizioni economiche migliori. Tuttavia la sua Music Man Luke rimane comunque una chitarra di primo livello e grand classe. Lukather collabora con la casa americana e si fa costruire una chitarra estremamente versatile e bilanciata, con scala lunga da 25.50" (tipo Strato) ma con le caratteristiche della Valley Arts, ovvero pickup attivi e ponte tremolo. Negli anni ci sono state diverse modifiche e versioni. Le differenze principali stanno nelle configurazioni dei pickup, con una versione HH con due humbucker ed una HSS con due single coil ed un humbucker al ponte. Inizialmente Steve volle mantenere i pickup attivi EMG ma con l'evoluzione delle tecnologie e dei pickup passivi, che sono diventati via via sempre più potenti e precisi, anche lui ha deciso di passare agli attuali Di Marzio Transition. Questi pickup prendono il nome dal suo album del 2013, album in cui ha utilizzato e sviluppato questi nuovi trasduttori assieme al brand USA.
ATTENZIONE MANIACALE AI DETTAGLI E SUONI AL MASSIMO LIVELLO
Steve Lukather potrebbe tranquillamente essere un ingegnere del suono per la capacità che ha di entrare nel dettaglio tecnico del suo suono e strumentazione nonchè per l'attenzione ai minimi dettagli. Proprio per questa sua filosofia si è trovato molto bene negli anni con uno dei tecnici più noti al mondo, Bob Bradshaw, costruttore delle pedaliere e dei sistemi di amplificazione di un numero impressionante di chitarristi tra i più grandi in assoluto.
Con un arma segreta come Bradshaw dietro le quinte Lukather ha potuto sbizzarrirsi negli anni con configurazioni di amplificazione ed effettistica molto differenti e complicate. Questo è il motivo per cui sarebbe pressochè impossibile fare un riassunto esaustivo della sua strumentazione elettronica. Vi parlerò quindi del suo approccio, che nel tempo è rimasto simile, declinato poi di volta in volta con soluzioni e brand differenti.
La prima caratteristica che salta all'occhio dello Steve Lukather live è la sua scelta della triamplificazione, una scelta di alto livello che prevede due casse laterali in configurazione stereo dove inviare il suono effettato ed una cassa centrale con solo il suono dry della chitarra. Questo gli permette di avere sempre un suono ben a fuoco, con una grande sensibilità sull'utilizzo degli spazi e delle modulazioni stereo per inglobare il suo suono negli arrangiamenti senza renderlo ne troppo evanescente ne troppo preponderante.
Gli amplificatori più utilizzati da Lukather sono sicuramente i Custom Audio - il brand di Bob Bradshaw stesso - le Soldano X88R, VHT e Mesa Boogie, senza trascurare ovviamente i Bogner che ultimamente sono la sua scelta preferita. Recentemente la sua preferenza è andata infatti ai Bogner Ecstasy 101B, testate a tre canali che Steve utilizza in modo molto esteso accompagnate con i loro cabinet 4x12" con coni Celestion Vintage 30 che mantengono il suono sempre molto caldo. A volte ne utilizza anche soltanto una coppia dal vivo.
UN COLLEZIONISTA DI EFFETTI CON UN DEBOLE PER IL WAH
Ancora più difficile sarebbe parlare dell'effettistica di Lukather. Oltre ad avere circa duecento chitarre ed un numero imprecisato di amplificatori, Steve è un collezionista di tutte le tipologie di effetti, che utilizza ampiamente facendoli girare nelle sue pedaliere ed utilizzandoli per sperimentare quando suona da session man in studio.
Nelle sue pedalboard quindi sono passati praticamente tutti i pedali di maggior nome ed anche qualche scelta particolare. Non può però mai mancare il pedale wah, un effetto a cui è particolarmente legato e che lo aiuta a dare una variazione ed una spinta aggiuntiva negli assoli. Lo utilizza quasi come un acceleratore, quando vuole dare fuoco alle polveri e lasciar partire i suoi lick più brucianti.
Giusto per citare una delle soluzioni più personalizzate - che ci dicono ancora una volta parecchio del suo approccio meticoloso al suono - posso parlarvi del "The Luke" tratto dalla serie Icon di ToneConcepts e derivato dal "The Distillery". Si tratta di un preamp boost di grande potenza, trasparente e capace di scolpire il suono alla fonte come pochi altri, per lavorare al meglio sul suono primario in combinazione con la chitarra e l'amplificatore.