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Test: Steinberg Backbone, nuova vita per i nostri sample


Steinberg ha recentemente rilasciato Backbone, nuovo strumento virtuale che si aggiunge alla già nutrita offerta software dell’azienda tedesca. Il VSTi viene descritto dalla casa produttrice come Drum Re-synthesizer, dicitura che tradisce da subito vicinanza, ma anche una qualche differenza, rispetto al già noto Groove Agent.

Cosa (non) è Backbone

Backbone non è un sintetizzatore dedicato ai suoni percussivi, né uno strumento in grado di gestire in una sola istanza un intero set batteristico, come invece avviene in Groove Agent (che tra l’altro può ospitare anche più set di suoni contemporaneamente). Non è nemmeno un campionatore in senso stretto, visto che non può registrare materiali sonori, ma solo importarli. Di cosa si tratta quindi? In sostanza di un ambiente di manipolazione avanzata di campioni audio, orientato in particolare ai suoni percussivi ma non necessariamente limitato agli stessi.

Parlando in termini più semplici, con Backbone possiamo importare uno o più campioni e andare a modellarli con strumenti in parte comunemente disponibili in qualunque campionatore di un certo livello e in parte peculiari. Nel caso si importino più campioni questi vanno a distribuirsi su diversi layer, che vengono poi sommati per formare il campione risultante. Tramite la “decomposizione” dei suoni (ne parleremo tra poco) un singolo campione può poi essere suddiviso in due componenti, che vanno ad occupare due diversi layer.

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L’interfaccia grafica di Backbone.

Un’interfaccia grafica ben strutturata e intuitiva

L’interfaccia grafica è piuttosto semplice e immediata, quanto meno per chi ha già avuto esperienza di software simili. Nell’area di sinistra abbiamo innanzitutto la sezione Input, ovvero un semplice monitoraggio delle note MIDI in ingresso, e un pulsante che triggera per impostazione di default la nota MIDI C3. Al di sotto possiamo visualizzare i layer (fino a otto) o la sezione Main, nella quale si trovano una serie di controlli comuni in campionatori e sintetizzatori digitali (range delle note MIDI accettate, glide, modalità di trigger dei suoni, settagio del pitchbend).

La sezione che affianca a destra quella di Input è denominata Decompose, ed è deputata alla separazione dei campioni sopra citata. In alto a destra troviamo infine la gestione dell’uscita audio in tempo reale e dell’esportazione dei campioni. La maggior parte dello spazio è occupata dalle due fila di “mattonelle” colorate, che staccano abbastanza rispetto all’usuale austerità della grafica Steinberg.

Ogni “mattonella” è dedicata a una diversa funzione; da sinistra a destra abbiamo gestione generale del campione, resintesi, altezza (pitch), filtro e amplificazione (ovvero controllo del livello d’uscita). Ciascuna fila di tab fa riferimento ad uno dei layer. Cliccando sull’intestazione di una delle mattonelle questa si estende, andando a mostrare altri controlli oltre a quelli essenziali disponibili nella vista di insieme. Per tornare a quest’ultima basta cliccare nuovamente sull’intestazione della scheda.

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Il pannello Sample, in versione estesa

Per partire basta richiamare un preset o importare uno o più campioni sui diversi layer tramite semplice drag&drop.

I processamenti standard

Tutte le funzioni di base che è lecito aspettarsi da un campionatore professionale sono presenti; portiamo quindi l’attenzione solo sugli elementi che caratterizzano Backbone. Nella sezione Sample troviamo la possibilità di richiamare il campione al momento del Note-off (ovvero quando si chiude la nota MIDI anziché quando inizia). È anche possibile impostare un ritardo in ms o valori musicali nella riproduzione del layer. Abbiamo qui infine a disposizione uno strumento di analisi dell’intonazione, particolarmente utile nel caso desiderassimo avere suoni intonati in modo coerente con il brano musicale.

Per quanto riguarda intonazione, filtri e stadio di amplificazione gli strumenti a disposizione sono quelli offerti comunemente dai campionatori digitali. Meritevole di nota è però il fatto che i diversi parametri e inviluppi possono sempre essere controllati, se lo si vuole, tramite velocity MIDI e key follow. Altra nota positiva è la possibilità di visualizzare contemporaneamente i diversi inviluppi, facilmente distinguibili l’uno dall’altro grazie ai diversi colori.

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Visualizzazione contemporanea degli sviluppi di Pitch, Filter e Amp.

All’interno delle singole schede gli utenti di Groove Agent si troveranno certamente a loro agio, in quanto la logica di funzionamento è del tutto simile tra i due strumenti virtuali.

Resintesi dei campioni

Fin qui nulla di particolarmente innovativo, che possa giustificare appieno l’acquisto di Backbone da parte di chi già possiede Groove Agent o altri software simili. Andiamo quindi ad analizzare le due vere peculiarità del nuovo prodotto Steinberg, ovvero le sezioni Resynth e Decompose. Attivando la prima, il suono presente sul layer interessato viene re-sintetizzato, ovvero ne viene creata una copia analoga non basata sulla forma d’onda ma sulla composizione spettrale. Nel manuale (non tradotto in italiano, come d’altra parte non ha traduzione italiana il software) si legge:

“Con il Resynth, il campione viene suddiviso nelle sue componenti in frequenza individuali e nelle parziali superiori. Queste possono quindi essere filtrate, amplificate, o manipolate l’una in relazione all’altra. Nella modalità Resynth, la composizione spettrale diventa indipendente dall’originale progressione temporale del campione”.

In sostanza, Backbone si occupa automaticamente di generare un campione del tutto simile a quello di partenza, partendo però da tecniche di sintesi additiva o spettrale anziché dalla forma d’onda. Questo offre notevoli vantaggi, primo tra tutti la possibilità di variare la velocità di riproduzione del campione senza alterare l’intonazione e viceversa.

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Il pannello Resynth, in versione estesa

La re-sintesi può avvenire in due diverse modalità: Tonal e Noise. Nel primo caso il campione viene ricostruito sovrapponendo le diverse frequenze componenti (sintesi additiva); questa soluzione è particolarmente indicata per i suoni ad altezza intonata. Nel secondo caso la ricostruzione dello spettro avviene partendo dal filtraggio del rumore bianco (sintesi spettrale); questa soluzione è ovviamente più indicata per suoni non intonati.

Le possibilità di intervento sul suono si rivolgono, oltre che alla velocità di riproduzione, alle formanti e, in modalità Tonal, alla “purezza” del suono (ovvero al bilanciamento tra armoniche e parziali inarmoniche). Velocity MIDI e key follow possono essere utilizzati entrambi come sorgente di modulazione per velocità e purezza.

La funzione Decompose, il cuore pulsante di Backbone

La sezione Decompose è quella che più ha attirato la nostra attenzione. In sostanza, permette di separare la componente “tonale”, ovvero ad altezza intonata, dal “noise”, il rumore non intonato, generalmente presente soprattutto nei transienti d’attacco.

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La sezione Decompose

La separazione avviene in base a due parametri fondamentali, liberamente settabili.  Con il controllo di Cutoff si indica a Backbone la frequenza sopra la quale il contenuto armonico va considerato rumore. Con il parametro Duration si indica invece la durata minima della parziale perché questa possa essere considerata parte della componente Tonal del suono. Appare ragionevole immaginare che oltre ai due parametri citati Backbone tenga conto automaticamente delle relazioni presenti tra le frequenze rilevate.

Non manca un generico controllo di Sensitivity, che permette di spostare l’area grigia tra Tonal e Noise a favore dell’una o dell’altra componente.

Attivando la funzione di Prelisten, ad ogni modifica di uno dei parametri e dopo aver brevemente atteso l’elaborazione del segnale, si possono ascoltare le due componenti in solo o miscelate tra loro. Due encoder virtuali permettono di regolare il livello di ciascuna. Una volta ottenuta la separazione desiderata basta cliccare su Apply per ottenere il campione separato nelle due componenti Tonal e Noise, collocate ciascuna su un layer a sé stante e pronte per essere ulteriormente manipolate con gli strumenti visti sopra e con gli effetti. La precisione con cui Backbone separa le componenti Tonal e Noise è davvero notevole.

Dove usarla?

Le applicazioni della funzione Decompose nel campo del design di suoni percussivi sono eccezionali. Ad esempio si può miscelare  l’attacco di un kick con la componente tonale di un altro campione di cassa; oppure si può variare il bilanciamento tra componenti Tonal e Noise all’interno del singolo campione. Si possono re-sintetizzare le singole componenti per andare poi a intervenire sulle stesse con gli strumenti dedicati presenti nell’area Resynth. Se a questo aggiungiamo che possiamo sovrapporre sino a otto layer, e che sono comunque presenti tutte le funzioni standard dei campionatori, appare chiaro come grazie a Backbone le possibilità creative siano estremamente ampie.

Non ci risulta che esistano alternative dirette a Backbone, in particolare per quanto riguarda la funzione Decompose. Abbiamo confrontato il software Steinberg con i due plug-in Eventide Physion e SunDevStudio VoiceOfSnow (freeware), dato che entrambi promettono di effettuare una separazione simile a quella proposta da Backbone tra componente intonata e rumore. In generale, Backbone si è mostrato capace di dividere le due componenti in modo decisamente più preciso rispetto agli altri software. Va anche detto che la proposta Steinberg è uno strumento virtuale che effettua il processamento dei dati offline, mentre i due plug-in utilizzati nel confronto sono effetti che lavorano in tempo reale, con tutto quello che ne consegue.

Effetti ed esportazione dei campioni

Completano il quadro una sezione effetti di buona qualità, con due catene parallele e molteplici possibilità di ruoting del segnale, e la sezione di esportazione dei campioni generati. Oltre a richiamare i suoni tramite note MIDI, Backbone permette infatti di esportare l’audio in un file sul computer o direttamente nella finestra progetto tramite una semplice operazione di drag&drop.

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Le opzioni di esportazione dei campioni creati in Backbone

Mettiamo nel carrello?

Concludendo, consideriamo Backbone un software potente, strutturato in modo molto chiaro e lineare e capace di interventi sul suono potenzialmente unici. Riteniamo che il target d’utenza principale sia quello dei sound designer e dei produttori di musica elettronica. Per le altre categorie di professionisti del suono, in particolare se già in possesso di Groove Agent, Halion o di altri campionatori di buon livello, Backbone potrebbe non rientrare tra le priorità, in particolare tenuto conto del prezzo non particolarmente popolare (€ 149) e dell’assenza, almeno al momento in cui scriviamo, di opzioni per il crossgrade da altri software. Il nostro consiglio è comunque quello di provarlo, grazie al Trial offerto da Steinberg.

PRO

Funzionalità Decompose

Interfaccia utente ben congegnata e amichevole

Vaste potenzialità nell’ambito del sound design

CONTRO

Prezzo, mancanza di soluzioni di crossgrade

Non localizzato in italiano

 

Info

STEINBERG

Prezzo: € 149

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