Il lavoro più lungo e faticoso, quando si viene chiamati per un tour, è quello di studiare il repertorio. È la parte più importante! Tutto comincia semplicemente ascoltando il repertorio e si iniziano a fare le prime considerazioni: si inizia ad ascoltare quello che la chitarra dovrà fare, si inizia a capire quali dovranno essere i suoni da tenere in considerazione e soprattutto si inizia a memorizzare.
PRIMO APPROCCIO ALL’ASCOLTO
Quando iniziano ad arrivare i brani si è sempre avvolti da una sorta di smarrimento, questo perché anche se l’artista potrebbe essere molto conosciuto, può capitare di non conoscere molti brani per bene o di non averli mai sentiti. Di conseguenza la prima cosa da fare è familiarizzare con il repertorio.
Quello che faccio solitamente è caricare tutta la scaletta nel telefono (o nel lettore mp3) ed iniziare ad ascoltare tutti i brani in continuazione, in ogni momento libero della giornata. In questo modo nel giro di una settimana/dieci giorni avrò le strutture di tutti i brani fissate per bene in mente, oltre ad aver imparato, anche approssimativamente, tutti i testi che sono un riferimento molto importante.
Nel frattempo inizio a suonarli dividendo il lavoro in base al tempo a disposizione ed al numero di brani. È importante non studiare mai tutti i brani ogni giorno, questo perché il nostro cervello è solitamente più reattivo per i primi brani, che verranno memorizzati velocemente, ma inizierà a fare fatica da metà scaletta in poi a causa della stanchezza. In questo caso succede che avremo imparato meglio dei brani rispetto ad altri, correndo il rischio di commettere errori che renderanno l’apprendimento più lungo e faticoso. Io di solito non studio mai più di 5 brani al giorno, così posso concentrarmi per bene su tutto quello che ogni brano richiede.
Esistono due approcci allo studio dei brani: c’è chi preferisce scrivere tutto e chi invece non scrivere niente ma predilige memorizzare.
Per capire quale sia il migliore approccio per ciascuno di noi, è fondamentale imparare a conoscersi a fondo. Nel mio caso se inizio a scrivere le parti so già che il mio cervello non farà mai lo sforzo di memorizzarle, quindi sarò sempre completamente dipendente dalle parti scritte. Ora non è detto che questo sia un male, nel caso ci siano lavori in cui le parti possono essere usate non c'è quindi nessun problema, ma in un tour come quello che sto affrontando, le parti sul palco non sono consentite.
In generale in un live non ci sono mai parti sul palco, cosa che invece è più facile trovare in orchestra, questo perché il tipo di spettacolo è molto diverso. Un conto è essere nell’orchestra di Sanremo, un conto è stare sul palco di Vasco Rossi. Quindi cerchiamo di capire quale sia il metodo migliore per memorizzare le parti e facciamolo diventare il nostro “modus operandi”.
DA CASA ALLE PROVE
Una volta che ho studiato e imparato per bene i brani inizio a prendere confidenza con la scaletta. Ogni giorno suono tutta la scaletta iniziando ad ottimizzare gradualmente il cambio dei suoni. Questo mi aiuta a memorizzare l’ordine dei brani e mi evita salti nel buio. Comincio a suonare in piedi staccando piano piano lo sguardo dalla tastiera della chitarra. Mi pongo l’obiettivo di suonare guardando un ipotetico pubblico, suonare a testa bassa non è bello da vedere e, visto che siamo parte di uno spettacolo, è importante interagire con il pubblico per la buona riuscita dello show. Tutto questo per fare in modo che si creino degli automatismi per cui si arrivi a fare ogni cosa senza pensarci troppo. Si deve arrivare al punto in cui tutto scorre liscio e ci sia sinergia tra le parti memorizzate, il cambio dei suoni e tutto quello che rientra nelle “normali” operazioni che il nostro ruolo richiede.
A questo punto si arriva al giorno delle prove. Qui c’è da fare una grossa distinzione tra un allestimento “classico”, dove c’è tempo (mai troppo per la verità) di provare e confrontarsi, e un tour internazionale dove, a causa delle difficoltà logistiche dovute ai componenti della band sparsi per il mondo, le prove sono ridotte all’osso.
Nel primo caso durante le prove si ha tutto il tempo per verificare per bene le parti, confrontarsi tra i musicisti su accordi, rivolti, voicing. Ci si interfaccia con la produzione artistica che è parte integrante dello spettacolo, si parla con i fonici per cercare il miglior suono possibile nell’ottica del mix che la produzione intende ottenere. Dopo una settimana, dieci giorni di prove in sala prove si passa all’allestimento, cioè si inizia a provare lo spettacolo sul palco. In questo momento si testano i suoni, si fanno i volumi della sala e, molto più importante per noi musicisti, quelli del palco. Oltre a questo si provano i movimenti che ogni musicista dovrà fare durante ogni brano e quindi ci sono ulteriori automatismi da acquisire per noi chitarristi: spostamenti sul palco, cambio preset e parti da suonare. Insomma si fa un lavoro certosino per montare al meglio lo spettacolo. Personalmente trovo questa parte del lavoro quella più “magica”, dove si assiste alla nascita dello spettacolo, è un vero privilegio farne parte.
Nel caso invece in cui le prove sono ridotte al minimo l’approccio deve essere completamente diverso. Questo perché le poche prove (spesso capita che ci sia una prova solamente!) vengono utilizzate per conoscersi, montare lo spettacolo e fare in modo che tutto fili liscio. A me è capitato di utilizzare il soundcheck come unica prova dello spettacolo. In questo caso è indispensabile andare dritti dall’inizio alla fine ed essere sicuri delle parti da suonare.
CONSIGLI PRATICI
Negli anni ho messo in atto dei piccoli espedienti per poter gestire e affrontare al meglio la preparazione di un tour e rendermi la vita più semplice durante lo spettacolo. Chiaramente sono cose che funzionano per me, ma potrebbero tornare utili a tutti.
Una cosa su tutte è scrivere degli appunti sulla scaletta: mi segno qualche preset che potrebbe sfuggirmi, qualche tonalità che magari mi rimane più antipatica o qualche “parola in codice” che mi aiuti a ricordare qualche intro o qualche riff in particolare.
Poi memorizzo i preset seguendo l’ordine della scaletta, nel caso debba usare lo stesso preset per due o più brani lo duplico e lo assegno al numero corrispondente alla canzone. Questo mi permette di scorrere i suoni in maniera progressiva, sempre nella stessa direzione evitandomi di fare su e giù tra i vari preset limitando al minimo la possibilità di errore.
Altra cosa è dare al preset il nome della canzone seguito da una parola che possa renderlo riconoscibile, ad esempio “CANZONE INTRO” oppure “CANZONE SOLO”. In generale è importante tenere in considerazione qualsiasi cosa che possa aiutarci a non commettere errori.
Lorenzo Carancini
Chitarrista e Insegnante presso Lizard Accademie Musicali (Chiaravalle)
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