Sono passati esattamente 30 anni dal primo Korg M1 comparso sul mercato e, come già annunciato in questo articolo, i festeggiamenti proseguono. Per chi ha qualche capello bianco come il sottoscritto, eventi del genere fanno tornare a galla piacevoli ricordi, quindi ho deciso di condividerli con voi, proponendo una recente chiacchierata in chat con l’amico Michele Paciulli, progettista, Sound Designer nonché dimostratore di Korg, che fece parte del team che realizzò l’M1.
Con la chiacchierata ci siamo spinti oltre, perché troverete anche aneddoti e curiosità di altri sintetizzatori Korg che Michele ha seguito dopo l’M1 negli ultimi 30 anni: se amate il genere è un articolo da non perdere!
MICHELE PACIULLI
Riccardo Gerbi: Ciao Michele, partiamo dai tuoi esordi?
Michele Paciulli: A 13 anni inizio a suonare come tastierista con le prime band, ma fin dagli esordi mi sono appassionato alla programmazione, perché ho sempre amato “spremere a fondo” gli strumenti a mia disposizione, per esplorarne potenzialità e limiti. Intorno ai 17 anni comincio a lavorare anche in studio di registrazione ed ero in contatto con ArtMusic, un negozio di Bassano del Grappa che ha sempre avuto una bella collezione di sintetizzatori. Io avevo già una buona nomea come programmatore, quindi il titolare mi invitava regolarmente quando arrivava una novità. In quel periodo CD Videosuono, distributore di strumenti musicali di Milano, prese la distribuzione per l’italia di un sintetizzatore: il Voyetra Eight, uno strumento notevole ma piuttosto complesso da gestire.
RG: Notevole anche in termini di prezzo…
MP: Eh, già, se non erro costava circa 15 milioni all’epoca. Da ArtMusic fu organizzata una demo con Voyetra Eight a cui partecipai, e al termine della dimostrazione cominciai a fare domande sullo strumento e le sue potenzialità, domande che misero in crisi il malcapitato dimostratore di CD Videosuono, ma che fecero colpo su Fulvio Pesenti e Sandro Pace, all’epoca rispettivamente direttore marketing e agente del distributore italiano. CD Videosuono distribuiva gli strumenti Casio e a pochi mesi di distanza giunse in Italia il sintetizzatore CZ-101 che implementava la mai vista prima sintesi a distorsione di fase: Sandro si ricordò del mio intervento alla fatidica dimostrazione e mi propose di incontrarlo per provarlo nel negozio ArtMusic per qualche ora, e capirne la logica di funzionamento.
ArtMusic aveva anche un piccolo studio dove mi rintanai a studiare il nuovo sistema, ne scoprii l'ingegnoso funzionamento e per impressionare Sandro programmai al volo degli archi con forte attacco talmente convincenti, che Fulvio e Sandro decisero di convocarmi a Milano per dei seminari di formazione dello staff di CD Videosuono. In seguito, mi chiesero di fare le dimostrazioni alla fiera di Pesaro, mentre al SIM di Milano mi misero in mano il nuovissimo Casio CZ-5000, fratellone espanso del CZ-101, ma oltre a quello mi chiesero di mostrare il sintetizzatore Korg DW8000 e il Digital Delay SDD-2000; quest’ultimo implementa anche una modalità di campionamento. Per l’SDD-2000 mi inventai un sistema di preset in tempo reale “a nastro”. Tramite un walkman fissato alla mia cintura inviavo i campioni all'SDD-2000 che poi potevo suonare non appena il campionamento fosse finito. Tutto questo mentre suonavo il brano della demo, ho cambiato al volo quattro preset, impensabile al tempo.
RG: Immagino gli sguardi del pubblico…
MP: Altri tempi, perché il progresso tecnologico era in pieno fermento, ma soprattutto il pubblico era ancora in grado di emozionarsi di fronte a cose nuove e una dimostrazione ben fatta. Oggi l’appassionato può attingere dalla rete valanghe di informazioni, e se si reca a una fiera è per “toccare con mano” la qualità dello strumento, e non si meraviglia più.
Korg M1: LA GENESI
RG: Il sampling è sempre stato una passione comune: i tuoi inizi?
MP: Il primo campionatore con cui ho lavorato in maniera intensiva è stato l’Ensoniq Mirage. Il Mirage era molto intuitivo, però non era esente da difetti, tra i quali l'impossibile Truncate! Se operavi un Truncate sul campione si aspettavano interminabili minuti per troncare un singolo Byte, figuriamoci 1KB o più! Da Korg nel 1986 arrivò con mia grande emozione il DSS1: una macchina che amo ancora, perché puoi campionare, costruire suoni con la sintesi additiva, disegnare la forma di onda e altro ancora.
Con il DSS1 ho lavorato tanto ed è ancora presente nel mio studio. Una notte alle 4 del mattino ebbi un’intuizione riguardo l’ottimizzazione dei campioni e in camera avevo il DSS1. Non avendo un microfono sottomano ho utilizzato in sua vece le cuffie come microfono, campionando la mia voce per verificare la mia idea: funzionava benissimo! Con lo stesso principio poi ho campionato un sax, un pianoforte e molti altri strumenti. Collezionai molti Multisample che erano di gran qualità e occupavano pochissima memoria, tutti campioni che poi raggruppai in un Floppy Disk che ribattezzai “disco birichino”.
RG: Quante forme di onda potevi immagazzinare nel “disco birichino”?
MP: Il Floppy del DDS1 poteva contenere quattro caricamenti completi nella sua memoria che era di 256KB; complessivamente potevi immagazzinare fino a 16 Multisample, ma io potevo realizzarne molti di più, perché dividevo in più zone il singolo banco, andando a superare il limite della macchina. Con il DSS1 e il “disco birichino” feci delle dimostrazioni al SIM, e su invito di Fulvio Pesenti portai a far vedere il mio lavoro alla Musikmesse: alla fiera tedesca i tecnici di Korg presenti restarono stupiti di quello che avevo realizzato, e vollero incontrarmi per parlare insieme a Tsutomu Kato (il fondatore di Korg scomparso nel 2011 ndr) del progetto di un nuovo sintetizzatore che avevano in cantiere. Al termine dell’incontro, Kato mi mise una mano sulla spalla e disse: “Michele, vieni in Giappone con me”. Così è partita ufficialmente la mia avventura come collaboratore per Korg.
RG: Quel progetto era l’M1?
MP: Si. L’M1 era un sintetizzatore potente per l’epoca, che ti permetteva di lavorare con la sintesi sottrattiva su una base PCM; analogamente a quello che avevo elaborato con il DSS1, introdussi una tecnica dove – oltre al sample impiegato per l’attacco del suono – sfruttavo i principi della psicoacustica per quanto concerne il suo sviluppo e decadimento. Il nostro orecchio “aggancia” sempre le parti di attacco per individuare e caratterizzare i suoni, quindi cartturando la parte iniziale del suono e successivamente creando un loop su un ciclo della propria forma d'onda, si può simulare la rimanente parte del suono con la sintesi sottrattiva dello strumento. Con questo trucco potevo immagazzinare un gran numero di campioni in ROM, e ancora oggi se vai a esplorare la palette dell’M1 puoi rimanere stupito della quantità di timbriche disponibili residenti in soli 32Mb.
RG: A bruciapelo: i tre preset dell’M1 che porteresti sull’isola deserta?
MP: Il primo è sicuramente Universe, poi il Tenor Sax e probabilmente per giocare con questi due un preset di piano elettrico. Riguardo al preset Universe ho un aneddoto divertente: un mio carissimo amico si è recato anni fa in un tempio buddhista in India, peraltro sperduto sulle montagne. Ai lati dell’altare c’erano due M1 accesi con il preset Universe selezionato, e due monaci che premevano alcuni tasti di ciascun sintetizzatore per mantenere prolungato il suono, per tutto il giorno!
RG: E per le demo di M1 cosa avevi preparato?
MP: Ricordo che mentre preparavo la prima demo per il Musikmesse, l’amico Felice Manzo di LEMI mi mostrò la prima interfaccia MIDI al mondo per pilotare le luci da lui realizzata. Ovviamente ne chiesi immediatamente un esemplare da portare a Francoforte: l’ultima traccia del sequencer di M1 pilotava le luci durante la mia demo! Quella storica demo con l'M1 aprì una nuova era per gli strumenti musicali, perché in seguito cambiò lo stile delle dimostrazioni ed il modo di fare musica.
BOTTA E RISPOSTA
RG: Michele, dopo M1 hai collaborato a svariati progetti di Korg degli ultimi 30 anni: se ti elenco alcuni modelli mi dai per ciascuno una tua definizione?
MP: Vai…
RG: La serie T.
MP: Quello che non si poteva mettere nell’M1 l’abbiamo messo in questa serie!
RG: Lo 01/W.
MP: La funzione Non Linear Wavetable ha rivoluzionato il modo di elaborare in tempo reale il campionamento. davvero un bel balzo rispetto a M1.
RG: La serie Wavestation.
MP: “Una minestra riscaldata ma dall’ottimo sapore”, dico così perché le idee base erano state implementate originariamente nel Prophet VS, ovviamente la Wavestation è stata raffinata e ha molta più operabilità; nell’expander infine abbiamo introdotto la possibilità di inserire audio nelle Wave Sequences, e questo tassello ne ha esteso concretamente le possibilità creative.
RG: La serie X.
MP: Dell’X3 ho un bel ricordo della demo svolta in Giappone, dove sincronizzavo allo strumento un video da me realizzato in computer grafica e proiettato su un giga schermo, tramite MIDI Time Code preso da un videoregistratore Betamax che riproduceva il video. Il successivo X5 lo definirei così: “la portabilità della qualità”. Uno strumento compatto, ma con timbriche di rango superiore in rapporto al prezzo dell’epoca.
RG: Il Prophecy.
MP: “Il Garibaldino!”. Una macchina di una potenza incredibile in pochissimo spazio; tra l’altro, fui io a battezzarlo Prophecy, perché i tecnici Korg avevano in mente un altro storico nome, ma per questione di etica pensavo non fosse appropriato.
RG: La serie Trinity.
MP: “Anima Italiana”, perché non tutti sanno che buona parte della Wavetable di questo sintetizzatore è stata realizzata da me nel nostro paese campionando musicisti italiani. Il filtro di Trinity è spettacolare, ma è piuttosto goloso di risorse. Su Trinity dovrei soffermarmi anche sulla livrea, perché il prototipo su cui lavorai era costituito da uno chassis grezzo in alluminio che mi piacque molto, quindi proposi a Kato di adottare una colorazione simile anche per lo strumento definitivo.
RG: Lo Z1.
MP: “Fantascienza oggi”. Al progetto ho lavorato poco, ma ricordo delle demo incredibili con questo sintetizzatore, che pilotavo con un Breath Controller. È ancora un bel banco di ricerca, c’è da divertirsi.
RG: La serie Triton.
MP: “Vorrei essere Trinity”, perché Triton fu la risposta alla richiesta del mercato di maggiore polifonia, quindi per risparmiare sulle risorse fu impiegato un filtro meno assetato di risorse di Trinity che però ci ha permesso di raddoppiare la polifonia mantenendo un' ottima qualità. Va aggiunto però che il punto forte della serie Triton fu la modularità, perché attraverso le schede opzionali potevi ottenere una DAW audio/MIDI davvero completa per l’epoca.
RG: Il KARMA.
MP: “L'intelligenza artificiale al servizio di quella umana”. KARMA è un ingegnoso sistema di organizzazione/educazione di chaos che si sviluppa dall'impulso della pressione dei tasti e controlli dello strumento. Mi ricordo che mi impressionai molto quando ci presentarono il manuale di programmazione, simile all'elenco telefonico di Milano... e al contrario di “E.T.” non chiamammo casa, ma ci tuffammo nel progetto.
RG: Riguardo a Oasys, bisognerebbe redigere un articolo dedicato alla storia del progetto, quindi la tua definizione vale per il modello commercializzato nel 2005…
MP: Oasys è “Il sogno”, una macchina per suonare, studiare e fare ricerca, però non si può escludere l’intero progetto, perché l'idea inizia nel 1988 e durante la sua evoluzione sono stati estratti sintetizzatori come il Trinity e a seguito gli altri discussi finora. Gli algoritmi di Trinity sono stati ideati su banco Oasys e in seguito trasferiti su processore RISC, perché prima della comparsa di Oasys tutti i sintetizzatori Korg erano basati su questo sistema. Va ricordato infine che – senza il coraggio di Tsutomu Kato – questo progetto probabilmente avrebbe avuto breve vita a causa degli alti costi. Kato infine diede la spinta per commercializzare il prodotto, che riscosse un successo di vendite che andò ben oltre le più rosee aspettative.
RG: L’M3.
MP: Se l’Oasys è il sogno, con l’M3 “Puoi toccare il sogno”. Un sintetizzatore alla portata di tutti che su certe sonorità ha un dettaglio che ti può spiazzare.
RG: La serie Kronos.
MP: “L’Oasys dei nostri giorni”. La base di partenza è l’Oasys, ma Kronos è aggiornato con le nuove tecnologie. Uno strumento che ti consente di dar libero sfogo alla creatività con una bella dose di potenza a corredo. Io con Kronos oggi faccio praticamente di tutto.
RG: Il Vox Continental.
MP: “La promessa di una nuova tecnologia”, perché questo strumento cela una piattaforma inedita, che potrebbe portare la storia di Korg a vette interessanti.
RG: In conclusione, come vede il futuro del settore Michele Paciulli?
MP: Viviamo un periodo problematico, perché assistiamo alla distruzione del mercato, il cambiamento radicale della richiesta, nonché di una precaria situazione economica del mondo che porta il futuro delle tastiere in una dimensione incerta. A prescindere dai sogni, oggi oltretutto c’è il mondo del computer che è diventato un diretto concorrente, quindi si fanno sempre previsioni sul breve periodo. Il periodo magico vissuto a cavallo tra gli anni ottanta e il nuovo millennio probabilmente non lo vivremo più, ma la passione che è in ognuno di noi può portare a percorrere strade mai esplorate: questo è l’augurio che porgo a tutti gli appassionati.
RG: Grazie Michele!
IL VIDEO
Michele è una persona solare e positiva, capace di alleggerire con la sua simpatia anche dei momenti frenetici come le riprese video in una fiera: l'esempio che vi riporto è il backstage di una sessione di demo catturata al Musikmesse 2012, dove per ingannare l'attesa prima del "ciak" mi intrattiene a modo suo con un drumset di Korg Kronos...