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The Crumar Seven – Ritorno al futuro


Ben nove motori di sintesi per modellazioni di pianoforte elettrico, ma non solo, il tutto racchiuso in uno chassis compatto, leggero e dal look Vintage: ecco il Crumar Seven il nuovo piano stage del marchio italiano,  con il racconto della sua genesi da parte di uno degli ideatori.

 

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Il Crumar Seven ricorda nel design gli storici pianoforti elettrici degli anni settanta, ma con forme più compatte per renderlo facilmente trasportabile; analogamente alla controparte vintage, anche lo chassis del Seven diventa una pratica valigetta, con vani dedicati per l’inserimento delle quattro gambe dello stand. La generazione sonora del Seven deriva strettamente da quanto studiato per il modulo Gemini, con alcune novità per quanto concerne le modellazioni: troviamo sei simulazioni di pianoforti elettrici, Clavinet, una coppia di varianti di provenienza digitale comparse negli anni ottanta, come le emulazioni di preset basati sulla sintesi FM di Yamaha o SA di Roland, più due novità come le modellazione di un vibrafono e un pianoforte acustico, l’esordio di Crumar in questa categoria di simulazioni. Per quanto concerne infine la sezione Sample Player, Crumar ha intenzione di rilasciare a breve dei Sampleset dedicati. Di seguito, la serie di modellazioni disponibili:

 

  1. Tine Electric Piano
  2. Reed Electric Piano
  3. Electric Baby Grand
  4. Clavi EP
  5. DX Digital EP
  6. MKS Digital EP
  7. Vibrafono
  8. Acoustic Grand Piano
  9. Sample Playback

 

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Un punto di forza negli strumenti Crumar per chi scrive è la sezione effetti, perché in grado di caratterizzare fortemente il suono, e anche nel Seven troviamo una serie di algoritmi dedicati e ospitati in una coppia di slot per ogni modellazione: Tremolo, Auto-Panner, LFO, Wha-Wha e Pedal Wha Wha (Slot FX1), e varianti stereo per Chorus, Phaser, Flanger e Delay (slot FX2); la catena effetti comprende inoltre una simulazione di AMP con Overdrive ed EQ, un riverbero, un equalizzatore a tre bande semi-parametrico, infine la possibilità di associare ai preset un timbro di Synth Pad in layer.

 

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Il Seven monta una meccanica Fatar TP100L/R a 73 tasti pesati, mentre nel pannello comandi spiccano gli encoder retroilluminati, per avere tutto sotto controllo con un semplice colpo di occhio, anche in condizioni di scarsa luminosità del palco. Nel vano connessioni posto nel pannello posteriore troviamo una coppia di uscite Line Out su prese in formato Jack da 6,3mm con selettore per regolarne il livello, una porta System USB per aggiornamenti futuri, una presa cuffie, la vaschetta per collegare il cavo di alimentazione, l’interfaccia USB, una porta MIDI Out, infine due prese per collegare rispettivamente un pedale sustain e uno di espressione. Analogamente al Gemini, anche il Seven dispone infine di un hot spot wi-fi interno per impiegare un editor sotto forma di app web. Se amate il piano elettrico, la proposta di Crumar è molto interessante, perché si tratta di un percorso filologico tra le sonorità di questo strumento; ecco una serie di video realizzati con Max Tempia alla presentazione da Lenzotti Strumenti Musicali a Modena.

 

 

 

 

 

 

Ecco il video ufficiale di Crumar pubblicato al momento dell'uscita dello strumento.

 

 

L'intervista a Guido Scognamiglio

 

Nel team di Crumar ci sono due personaggi che si possono considerare “il braccio e la mente” del brand italiano: Andrea Agnoletto (V.M. Connection) cura la parte hardware, la produzione e il commerciale, mentre Guido Scognamiglio (GSi) è la mente dietro ogni creazione software. Con Guido in questi giorni ci siamo sentiti spesso per discutere delle potenzialità del nuovo Seven, da qui l’idea di proporre agli amici di SM Strumenti Musicali un piccolo sunto delle nostre chiacchierate sul tema.

 

Riccardo Gerbi: Quando nasce il progetto Seven?

 

Guido Scognamiglio: Il progetto ha avuto una gestazione piuttosto lunga, perché nel 2012 io e Andrea Agnoletto già studiavamo di inserire il mio modello fisico di piano Rhodes in uno strumento hardware. Andrea si mise con un software CAD a lavorare sul design dello chassis dello strumento, con un’idea ben precisa in testa: puntare su forme vicine a quelle di un Rhodes, scartando forme sottili e moderne, come quelle dei pianoforti digitali odierni. Dopo aver realizzato una serie di bozze per il design, scegliemmo anche un nome per questo progetto: Electrik 73, ma abbiamo poi ripiegato su un’altra denominazione che fosse semplice da ricordare e da pronunciare in diverse lingue. La scelta infine è caduta su “Seven” perché ha diversi significati: in primis, lo strumento è a 73 tasti e sarà realizzato solo con quel taglio in termini di tastiera, poi sia io che Andrea siamo nati negli anni settanta e siamo appassionati di quella musica, last but not least, si tratta del settimo strumento da noi realizzato in cui il motore sonoro è programmato da me.

 

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RG: Quali i progressi in termini di motore sonoro?

 

GS: I progressi in tal senso sono stati tanti, perché siamo partiti con quanto equipaggiava all’epoca gli organi Hamichord e i primi Mojo, ovvero una piattaforma digitale basata su una scheda Mini ITX con Windows Embedded come sistema operativo; questa soluzione era valida in termini di prestazioni, ma presentava degli svantaggi, tra cui il dover poggiare su un alimentatore di rete piuttosto ingombrante e costoso. Per farti un esempio, nel Baby Grand da noi realizzato a tiratura limitata qualche anno fa, buona parte della piccola coda dello strumento era occupata dalla scheda e l’alimentatore, quindi risultava difficile progettare un pianoforte da palco con forme ancora più compatte. Progettando il modulo Gemini, siamo riusciti a realizzare una nuova piattaforma DSP miniaturizzata e al contempo più performante di quella precedente, che ci ha permesso di studiare strumenti dalle forme compatte: nel 2014 abbiamo realizzato il Mojo 61 con un singolo manuale e contemporaneamente è ripartito lo studio di uno strumento come il Seven. Un aneddoto divertente legato al progetto Seven: il primo di aprile dello scorso anno sulla pagina Facebook di Crumar pubblicammo una foto di un vecchio modello DP50, dichiarando che stavamo lavorando su un nuovo strumento, ma ovviamente non fummo presi sul serio, perché si pensò a un “pesce di aprile”!

 

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Da sinistra, Guido Scognamiglio e Andrea Agnoletto nel 2013, mentre mostrano il primo prototipo del GSi BURN da loro realizzato

 

RG: Piattaforma DSP “Custom” per Gemini e Seven: quante similitudini ci sono tra i due strumenti in termini di modellazioni?

 

GS: I nuclei dei motori sonori sono condivisi da tutti gli strumenti che li prevedono: attualmente il Gemini è lo strumento che comprende tutti i nuclei di modellazione da me ideati, mentre nel Mojo 61 trovi i motori sonori del VB3, gli organi Combo, quelli liturgici, i pianoforti elettrici e il sample player previsti nel Gemini; il Seven comprende i motori sonori dei pianoforti elettrici del Gemini, più tre novità come modellazioni. Quello che cambia in ogni strumento sono alcune variabili software/hardware mirate secondo il modello e il parco controlli disponibile sul pannello di ciascuno; per esempio, sul Seven abbiamo lavorato molto non solo nell’ottimizzare l’interazione tra il motore sonoro e la meccanica Fatar TP100L/R, ma anche per fornire al tastierista un parco controlli legato alla gestione dei DSP degli effetti che consenta con pochi gesti di plasmare le timbriche secondo i propri gusti. Di default, il Seven quando lo accendi propone il motore sonoro del Rhodes “flat” ed è una scelta voluta, perché vogliamo che il musicista trovi il giusto feeling sia con la meccanica, sia con la personalizzazione del suono.

 

RG: Hai indicato tre simulazioni inedite del Seven…

 

GS: Nel Seven le novità riguardano un nuovo motore sonoro che simula un pianoforte elettrico Yamaha CP80, mentre nel Gemini l’emulazione dedicata riguarda il modello CP70, poi troviamo modellazioni di pianoforte acustico e vibrafono, queste ultime due con tutta probabilità rimarranno simulazioni dedicate solo per il Seven.

 

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RG: Quanto ti impegna lo studio di una nuova modellazione?

 

GS: Dipende, perché la programmazione di una modellazione potrei paragonarla alla realizzazione di una ricetta culinaria: se gli algoritmi fossero gli ingredienti, allo stato attuale hai tutto il necessario per realizzare una ricetta/modellazione fisica, ma spetta al cuoco/programmatore saperli dosare a dovere, per giungere a un risultato convincente. Ti posso portare come esempio la modellazione del pianoforte acustico, perché da anni avevo realizzato una bozza di questa simulazione, ma non riuscivo a trovare il giusto equilibrio tra i vari algoritmi per renderla verosimile all’ascolto, ma una sera di circa un anno fa, l’illuminazione: andando a variare alcuni algoritmi sono riuscito a ottenere l’emulazione che si può ascoltare oggi nel Seven. Un altro punto di forza insito della modellazione fisica è che puoi sempre intervenire in seguito per affinarla, rilasciando un aggiornamento software per lo strumento del “peso” di una manciata di kilobyte. In conclusione, il mio lavoro è sempre una sfida, perché quando ti accorgi che programmando sei vicino a un risultato convincente, ti dimentichi orari, pause o impegni e ti getti a capofitto alla ricerca del traguardo finale: sicuramente è stancante, ma vedere realizzato il risultato finale ti ripaga di qualsiasi sacrificio.

 

RG: Per uno come te che guarda al passato modellando lo strumento contemporaneo, quali margini vede per il futuro?

 

GS: Io vedo dei margini per esplorare ancora il passato, perché noi viviamo quotidianamente guardandoci alle spalle: il presente non piace mai a nessuno, perché siamo sempre in cerca di qualcosa e non siamo mai soddisfatti di quanto ci circonda, mentre il futuro ci spaventa essendo un’incognita. L’unica cosa certa è il nostro passato, perché l’abbiamo vissuto e possiamo riviverlo in qualsiasi momento. Se tu pensi alla condivisione di contenuti sui Social Network, la maggior parte degli utenti non condivide idee o pensieri per il futuro, ma foto e video legati a eventi successi anche solo pochi minuti prima, ma pur sempre cose legate al passato; nello specifico, che ne sappiamo se lo strumento del futuro ci piacerà, però manteniamo dei forti legami con strumenti della tradizione, come il Rhodes o l’organo Hammond, ma anche per quanto concerne le sonorità dei sintetizzatori, nonostante siano comparse a riguardo delle generazioni sonore molto più evolute e complesse come – per esempio – la sintesi granulare.  In conclusione, se mi chiedi quale sarà il prossimo strumento che programmerò ti rispondo che probabilmente sarà un’altra emulazione mirata di un particolare organo Hammond, oppure un Rhodes di un preciso periodo storico, e la tecnologia odierna è una mano tesa che mi consente di plasmare nel dettaglio la resa sonora di ciascuna modellazione.

 

RG: Grazie Guido.

 

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Info: Crumar

 

 

 

 

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